Si rompe il balcone: «Omicidio colposo»

La procura della Repubblica di Lodi, a seguito delle indagini che erano state avviate dai carabinieri della compagnia di Codogno sotto il coordinamento del pm Delia Anibaldi, ha chiesto il rinvio a giudizio di tre persone per l’ipotesi di reato di omicidio colposo, a seguito della morte di Giuseppe Bona, 58 anni, di San Donato Milanese: il 23 marzo del 2008, giorno di Pasqua, era precipitato dal balcone dell’abitazione di due amici di famiglia dai quali era stato ospite a pranzo, assieme a sua moglie, in un condominio al 14 di via Don Guanella, a Livraga.

Nell’appartamento il telefono cellulare non aveva segnale e così il 58enne era uscito sul balcone per fare gli auguri a un amico. Si era appoggiato sulla ringhiera in alluminio che, improvvisamente, si era staccata dalla muratura, ed era caduto, di testa, nel corsello dei box sottostante, da un’altezza di tre metri. Era stato ricoverato a Pavia, in rianimazione, e operato alla testa e alla colonna vertebrale. Secondo i medici sarebbe rimasto paralizzato. Invece, il 21 settembre dello stesso anno, è morto, in un letto del Policlinico.

Inizialmente erano stati indagati i proprietari dell’abitazione, edificata nel 1981. «Ma stiamo parlando di un vizio occulto», spiega l’avvocato Fabiana Bravetti, cui la famiglia della vittima si è affidata in vista di una possibile costituzione di parte civile. Infatti una serie di perizie ha escluso che quella balaustra fosse stata modificata, e così la coppia di Livraga (L.Z. e G.R.) che aveva ospitato gli amici di San Donato e aveva assistito impotente alla tragedia era stata ben presto prosciolta.

Sotto indagine, e ora convocati per le prossime settimane all’udienza preliminare che potrebbe decidere il loro rinvio a giudizio, sono finiti invece Z.A., 52 anni, di Miradolo Terme, assistente di cantiere, A.S., 76 anni, di Lodi, legale rappresentante dello studio di progettazione che aveva ideato il condominio, e B.P., 79 anni, di Livraga, che si era occupato della direzione dei lavori di costruzione della palazzina assieme a un’altra persona, ormai deceduta.

Secondo la procura, la ringhiera in alluminio non solo era stata fissata alla muratura in due punti, rispetto ai tre previsti dagli ancoraggi installati su quel tipo di ringhiera, ma anche i tasselli utilizzati sarebbero stati insufficienti, per tipologia e dimensioni, ad assicurare la tenuta richiesta a un balcone a sbalzo sul vuoto.

«Proprio il fatto che i proprietari non potessero accorgersi di questo difetto, di questa situazione di pericolo, riporta la responsabilità all’epoca della costruzione - chiarisce l’avvocato Bravetti - perché la prescrizione si interrompe quando il vizio occulto viene scoperto». In questo caso, quando la balaustra si è spezzata perché un ospite si è appoggiato con il telefonino all’orecchio.

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