Sesso con una 13enne, condannato

Su di lui pendeva un’accusa “infamante” e gravissima: aver violentato una ragazzina di soli 13 anni dopo averla portata con l’inganno a casa di uno zio a Zorlesco.

Ieri un indiano di 24 anni, E.S. le iniziali, residente nella Bassa, è stato condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione e al risarcimento provvisionale della vittima pari a 20mila euro. Il giudice, però, ha derubricato il reato e anziché la “violenza” gli ha contestato gli “atti sessuali commessi con minorenne”. Questo gli consentirà di finire di scontare la pena (era già ai domiciliari da due anni) con una pena alternativa al carcere.

«Durante il processo è emerso un fatto: il mio assistito non è uno stupratore - dice soddisfatto il difensore dell’indiano, l’avvocato Massimo Rebughini -. Rispetto alla querela presentata dalla ragazza è emersa una verità processuale ben diversa, anche se noi avevamo chiesto l’assoluzione perché alcuni particolari sui “tempi” a nostro avviso rendono inverosimile persino gli atti sessuali. Ora attendiamo le motivazioni della sentenza per decidere se fare appello». Con l’accusa di “violenza”, il giovane rischiava da sei a dodici anni di reclusione.

I fatti risalgono all’ottobre 2010. La ragazza, anch’essa indiana, è residente nel Sudmilano e all’epoca frequentava il primo anno delle scuole superiori a Lodi. Avrebbe compiuto 14 anni dopo circa un mese.

A Lodi, alla fermata degli autobus, ha conosciuto il connazionale E.S. e una mattina ha deciso di seguirlo fino a Zorlesco: lì, secondo il giudice, si sarebbero consumati gli atti sessuali. A cui, sosteneva l’accusa, sarebbero seguite minacce per convincerla a non dire nulla ai genitori. Un’accusa, quest’ultima, da cui il ventenne è stato assolto, come da quella di lesioni.

La ragazza aveva comunque raccontato il fatto ai professori e poi alle amiche più intime. Quindi era stata avvertita la famiglia. Dopo la visita al consultorio e alla clinica Mangiagalli di Milano, era scattata la denuncia. Per un breve periodo la ragazza, su sua richiesta, è stata affidata a una comunità.

La difesa ha cercato di dimostrare che la 13enne era “consenziente”, anche se per il codice una minore d 14 anni non lo può essere, e che anche dopo quel rapporto i due si erano sentiti per telefono.

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