Orio, altri 30 giorni di tempoper l’autopsia sul corpo a pezzi

Il pool di specialisti dell’Istituto di medicina legale di Pavia ha chiesto un altro mese di tempo per poter depositare il referto dell’autopsia sull’uomo fatto a pezzi a Orio Litta. E il sostituto procuratore Caterina Centola ha subito concesso la proroga. La salma, priva di mani e testa, era stata recuperata nella mattinata dell’uno aprile scorso sulla riva del Lambro, a pochi metri dal ponte della provinciale 234 Mantovana, «ma finora, in quanto elementi utili alle indagini, siamo ancora a zero», trapela dagli inquirenti.

Due mesi di misteri, e non è solo la relazione del medico legale Edmondo Pea, dei suoi colleghi dell’Università di Pavia e dell’esperta di insetti Simonetta Lambiase a tardare. Anche quella dei Ris di Parma, al lavoro su tracce organiche e di fibre sugli abiti della vittima, non risulta sia stata ancora consegnata ai carabinieri del reparto operativo di Lodi, titolari dell’indagine. La versione ufficiale è che ancora oggi non si sa chi fosse il morto, se non che era un giovane uomo circonciso, leggermente abbronzato e con scarpa tra il 39 e il 40, forse con abiti acquistati o prodotti in Nordafrica, e che non v’è neppure certezza sulla causa della morte.

Tre le particolarità subito fatte notare in procura. La prima, il dissanguamento, provocato da una ferita presumibilmente inferta su una parte del corpo non ritrovata. La seconda, la ferita passante e sottile dal petto alla schiena, o viceversa, non mortale, ma analoga a quella sul corpo senza mani abbandonato nel giugno del 2007 in un fosso a Inverno e Monteleone. La terza: l’estrema precisione dei tagli del collo, dei polsi, dell’addome e di una delle ginocchia, con l’altra invece solamente lussata, ma l’arto ancora integro. Un lavoro da chirurgo, oppure da macellaio, e non lontano dal luogo del ritrovamento c’è il macello più grande d’Europa, dove lavorano tra l’altro molti nordafricani. E il movente? Anche qui solamente ipotesi: sadica follia, oppure vendetta, per il racket della prostituzione o della droga.

Il caso di Cinisello Balsamo, dove nei giorni scorsi è finito in carcere un muratore separato che ha seviziato e ucciso una prostituta in un box condominiale trasformato in macelleria e insonorizzato, conferma, se ce ne fosse bisogno, che i “serial killer” esistono anche in Italia, il Paese del “mostro di Firenze”. Ma niente sembra legare i fatti di Orio a quelli di Cinisello.

Il corpo rimane ancora custodito in una cella frigorifera dell’Istituto di medicina legale a Pavia e sembra non esserci alcuna idea sulla fine che potrebbero aver fatto testa e mani. Solamente ipotesi e ancora poche verità scientifiche, per un omicidio che, se risolto, potrebbe portare con sé la soluzione anche di quello di Inverno e Monteleone.

© RIPRODUZIONE RISERVATA