Mamma e figlia ricoverate insieme hanno sconfitto il Covid

Sono state messe nella stessa stanza all’ospedale di Codogno e sono guarite. Il loro grazie ai sanitari

I posti letto del reparto Covid “contati” le hanno tenute all’inizio separate, appena possibile però mamma Rosa, 92 anni, e la figlia Antonella che di anni ne ha 66 sono state messe nella stessa stanza e la vicinanza ha aiutato entrambe a guarire. Europa, Africa, Asia. Da dirigente aziendale Antonella Frigoli ha girato il mondo e il 14 gennaio, quando l’ambulanza è andata a prenderla a casa a Pizzighettone e si è diretta verso l’ospedale di Codogno, ha pensato che lei che per giunta vive a Milano nell’”ospedalino” della Bassa non ci voleva andare. Di convincere l’equipaggio a portarla a Cremona però non c’è stato verso e così quel giorno «è iniziata la mia avventura all’ospedale di Codogno, che è stata decisamente positiva». Ha scoperto, da ricoverata, che «uno è solo davanti a un nemico non noto ma il presidio dell’ammalato nel reparto Covid dell’ospedale di Codogno è altissimo, oss, infermieri e medici entrano spessissimo in stanza, ti chiedono come va, ti trasmettono un calore umano che è un elemento della guarigione – spiega -. E questa dolcezza, questo ripeterti di continuo “suoni il campanello, noi siamo qui per voi” come una specie di mantra, nella tua solitudine ti fa sentire di non essere sola». Nel caso suo e della madre poi, l’attenzione alla cura ha fatto sì che potessero trascorrere parte del ricovero un letto accanto all’altro. «All’inizio avevano messo mia madre in una stanzetta da sola, ha avuto un decorso ospedaliero più pesante del mio e a me hanno messo la maschera Venturi mentre a lei il Cpap, quel casco da astronauta che è una specie di ventilazione obbligatoria pre-intensiva – racconta la figlia -. Ma appena si è liberato un letto nella stanza accanto ci hanno fatto questo regalo spostando la signora che era in stanza con me e portando mia madre». Mamma Rosa, che per la verità è una combattente e al virus non si è mai arresa, «si è sentita molto più serena e questo l’ha aiutata a riprendersi con più vigore – osserva la figlia Antonella -. Ma al di là dell’energia positiva che ha potuto trarre da me, quello che ho notato come ex gestore delle risorse umane è la cura, l’amore e la dolcezza in tutti e tre i livelli organizzativi, d’inservienti, infermieri e medici, come queste competenze convivono benissimo con il personale dell’esercito e come tra i giovani medici c’è una formazione in campo dove uno insegna all’altro con generosità. E tutto questo fa percepire in quel reparto un accudimento del malato che va oltre l’aspetto sanitario e contribuisce alla guarigione». Così Rosa e Antonella ce l’hanno fatta.

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