In caserma per segnalare i soprusi

Il sindaco Maria Grazia Tondini e un’altra donna del paese, amica della vittima, dai carabinieri

per fare dichiarazioni

Non si placa a Guardamiglio la polemica sugli atti di stalking che hanno preceduto il massacro di Angelica Timis e che avrebbero dovuto suggerire provvedimenti per evitare la tragedia.

Lunedì il sindaco Maria Grazia Tondini si è recata in caserma e ha riferito quanto a sua conoscenza, mentre ieri ha annunciato che farà lo stesso la donna residente in paese che aveva aiutato la 35enne romena a liberarsi dal compagno. «Non intendo rilasciare dichiarazioni - ha detto ieri il sindaco Tondini -. Sono già andata in caserma e ho firmato un verbale che è stato trasmesso alla procura». Lo stesso ha fatto la guardamigliese che immediatamente dopo l’uccisione di Angelica aveva raccontato delle minacce e dei soprusi messi in atto da Maurizio Ciceri in seguito all’allontanamento di Angelica dalla sua abitazione. La donna preferisce restare anonima, ma non retrocede di un passo rispetto a quanto rivelato: «Confermo tutto quello che ho detto, la mia versione dei fatti non cambia - ha ribadito ieri -. Anche di recente Ciceri aveva inseguito Angelica con la macchina, cercando di speronarla, poi erano intervenuti i carabinieri a fermarlo. Ma a questo punto credo sia più utile che riferisca ogni cosa alle forze dell’ordine, ho sentito il mio avvocato e andrò a rilasciare dichiarazioni spontanee».

Il giorno in cui la 35enne è stata uccisa, la gente accorsa sul luogo del delitto ripeteva che «tutti lo sapevano, lui la tormentava ed era terrorizzata», chi ricordava la volta in cui «le aveva tagliato le ruote della macchina, chi di quando «la pedinava». Ieri la donna che ha sostenuto la giovane romena, ha ripetuto: «Ho raccontato quello che sapevo perché si conoscesse che bella persona era Angelica e come era terrorizzata dal suo ex». Nel suo resoconto a caldo, aveva riferito dei messaggi intimidatori che Ciceri aveva inviato ad Angelica sul cellulare quando lei stava per lasciarlo, messaggi in cui minacciava di «bruciarle il cappotto rosso», che le avrebbe «bruciato tutto».

E poi di quella volta in cui il 48enne aveva sfondato la porta di casa, costringendo la convivente a scappare sulla tettoia. Anche in quel caso, stando alla ricostruzione della donna poche ore dopo l’omicidio, erano stati i carabinieri a trarla in salvo. Quello era stato anche il punto di non ritorno per la coppia, perché dopo di allora Angelica si era decisa ad andarsene. Era poi seguita la querela presentata dalla romena nei confronti di Ciceri nel gennaio del 2012 e rimessa a marzo, quindi il sindaco le aveva trovato casa e un lavoro. Il resto è storia. Ieri l’hanno ricordata sottovoce, i tanti che si sono recati alla camera ardente allestita nella sala della protezione civile vicino al municipio, dove la salma è stata portata al termine dell’autopsia. Dall’esame autoptico risultano sette le coltellate che Ciceri ha inferto sul corpo della 35enne, quelle mortali al torace e all’addome. Oggi pomeriggio si terranno i suoi funerali alle 15 nella parrocchiale di Guardamiglio.

Laura Gozzini

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