Il cadavere di Orio, due arresti

A poco più di un anno dal macabro ritrovamento del cadavere del 21enne marocchino Abdelaziz E. sulle rive del Lambro a Orio Litta, uno dei suoi fratelli si è presentato in caserma dai carabinieri per chiedere a che punto sono le indagini ed è stato arrestato. Non per omicidio, ovviamente, ma solo perché, espulso dall’Italia il 12 marzo del 2011, in aereo (appena 11 giorni prima che suo fratello venisse massacrato), aveva il divieto di rientrare nel Belpaese prima di 10 anni, e invece, un mese e mezzo fa, come lui stesso ha ammesso ieri mattina durante l’udienza di convalida dell’arresto, è tornato, non si è chiarito per quale strada: «Volevo aiutare mio fratello che è morto, che è scomparso», ha spiegato al giudice Manuela Scudieri attraverso un interprete. «E per questo – ha proseguito – sono attualmente ospite da un mio cugino e con lui mi sono presentato in caserma». I militari, dopo aver identificato il nordafricano per E.H., 26 anni, hanno scoperto che con la sua semplice presenza aveva violato l’articolo 13 comma 13 della “Bossi – Fini” e non si sono potuti sottrarre all’arresto in flagranza di reato, obbligatorio per legge. Il pm Silvana Gargiullo non ha però chiesto alcuna misura cautelare e così lo straniero, dopo la convalida, è tornato libero. Ma subito ha dovuto essere accompagnato in questura perché la legge prevede che il tribunale debba rilasciare subito in questi casi il nulla osta all’espulsione. Il suo avvocato di fiducia Debora Simona Giannetti di Milano però ha promesso battaglia: «Chiederò subito un permesso di soggiorno per motivi di giustizia». Nessuna dichiarazione dal legale, invece, riguardo alla vicenda dell’omicidio: «C’è il segreto istruttorio». Cosa, oltre all’ulteriore giustificazione che «in Marocco nessuno della mia famiglia ha un lavoro», possa aver davvero riportato in Italia uno dei fratelli del giovane fatto a pezzi non trapela, così come il messaggio che arriva dagli inquirenti resta chiaro: tante le piste aperte, quell’omicidio è ancora da risolvere e servono prove certe. Il lavoro dei carabinieri del reparto operativo provinciale di Lodi non si è mai fermato.

Ma appena due settimane fa è finita in carcere, ma solo con l’accusa di spaccio continuato di droga tra Pieve Emanuele e Landriano, anche un’altra persona legata al morto di Orio: M.B., anche lui marocchino, 25 anni, che da fonti attendibili risulta essere la persona che il 23 marzo 2011 si trovava in campagna, nella zona di Locate Triulzi, mentre era in corso un’attività di spaccio che coinvolgeva anche Abdelaziz. Un potenziale “supertestimone”. Il 25enne sarebbe stato tra gli ultimi a vedere vivo il ragazzo che la mattina dell’1 aprile era stato trovato smembrato e senza mani né testa a Orio Litta, ucciso, secondo i periti, otto giorni prima. Inoltre lo stesso M.B., già poche settimane dopo il ritrovamento del cadavere, era stato sottoposto a prelievi per raffronti del dna, cui però non erano seguite accuse a suo carico. Successivamente da un altro giovane spacciatore era arrivata l’ulteriore indicazione che dal telefono in uso a M.B. era passata una delle ultime telefonate del morto.

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