Il biogas si mangia il mais lodigiano

Sono 20 gli impianti in provincia, altri 15 in arrivo

In aumento nel Lodigiano le richieste per costruire impianti biogas. In Provincia di Lodi sono venti gli impianti già attivi, 15 quelli in programma, 3 sono in attesa di essere autorizzati e altre 8 sono le richieste all’orizzonte: anche il Lodigiano ha ufficialmente accolto la sfida del biogas. Ne sono un esempio i noti impianti già presenti sul territorio come Brembio e Maleo ma lo dimostrano i dati illustrati domenica mattina a Castelnuovo da Gabriele Boccasile della Direzione generale agricoltura di Regione Lombardia, intervenuto al convegno “Energia rinnovabile e agricoltura”, organizzato dall’associazione Vivambiente e moderato da Piero Gattoni, imprenditore agricolo e segretario di Agrienergia.

«Gli impianti in crescita sono di taglia medio piccola - ha spiegato Boccasile - dai 100 ai 250 chilowatt e una ricerca che come Regione abbiamo condotto dimostra che la superficie agricola utilizzata (sau) finora consumata dal biogas spazia dal 2 al 10 per cento in Lombardia». «Diversamente da altre fonti rinnovabili che non sono costanti nel tempi, il biogas lo è - ha precisato Boccasile - e un elemento centrale è la valorizzazione del digestato».

«La filiera del biogas ha un impronta ecologica - ha spiegato il professor Fabrizio Adani dell’Università di Milano - perché riduce le emissioni del gas serra e del pm10 e il digestato può essere utilizzato al posto dei fertilizzanti». Come spiegato da Adani l’agricoltura e gli allevamenti zootecnici inquinano, fra nitrati ed emissioni di ammoniaca che generano il particolato secondario: per questo anche nuove opportunità come il biogas non devono essere scartate ma valorizzate in una filiera virtuosa.

Nutre qualche dubbio Giuseppe Losi, docente dell’Itas Tosi di Codogno, voce critica dell’incontro castelnovese. «Nel nostro territorio c’è chi ha scelto di dismettere l’allevamento per fare reddito col biogas, - ha esordito Losi - e in mezzo secolo si è assistito alla disgregazione del tessuto agricolo Lodigiano: i caseifici hanno chiuso, si sono abbandonate le stalle, la praticoltura è scomparsa e si è diffuso il contoterzismo». Cosa fare? «Credo che ora occorra valorizzare il ciclo produttivo - ha proposto Losi - diversificare le colture agricole (non solo mais) e dare vita alle city farm».

«Gli impianti devono diminuire di dimensioni e a ognuno bisogna dare la propria taglia - ha spiegato invece Viller Boicelli, direttore Consorzio italiano biogas - così come le autorizzazioni vanno rilasciate in funzione di una disponibilità del 70 per cento delle matrici se non si vogliono creare problemi sul territorio». In circa cinque anni inoltre il biogas italiano sarebbe in grado di produrre i 1500 megawatt richiesti dal piano di sviluppo energetico e risolvere il problema dei nitrati: tra identità agricola e sostenibilità agronomica per Boicelli vale davvero la pena ragionare sullo sviluppo del «biogas fatto bene».

Sara Gambarini

© RIPRODUZIONE RISERVATA