COVID Zona rossa a Castiglione, i ricordi del sindaco: «Rifarei tutto subito». Guarda il video

Costantino Pesatori rivive i drammatici momenti vissuti nella Bassa: «Quattro dei sei primi casi erano qui, avevamo anche due-tre morti al giorno»

“Quel” 21 febbraio, sulla lavagnetta nella cabina di regia di Regione Lombardia a Milano, 4 dei primi 6 positivi al Covid accertati erano di Castiglione d’Adda. Fu subito chiaro, al sindaco Costantino Pesatori, che bisognava chiudere. Chiudere tutto. E non solo nel suo paese ma anche in quelli vicini. Erano le ore in cui si andava definendo la prima zona rossa d’Italia. La prima e la sola, perché come vanno ripetendo le cronache da giorni, nella bergamasca, altro epicentro della pandemia, le limitazioni arrivarono solo nella notte tra il 7 e l’8 marzo. Troppo tardi per salvare molte vite.

Castiglione d’Adda detiene il drammatico primato di morti Covid tra i comuni della prima zona rossa. Quanti furono?

«Nel 2020 abbiamo avuto esattamente il doppio dei morti dell’anno precedente. Nel 2019 erano stati 60, nel 2020 ne abbiamo avuti 120. La maggior parte dei decessi era già a gennaio e a febbraio, poi non le dico a marzo e aprile, avevamo anche 2-3 morti al giorno».

Capì subito la gravità della situazione? Che ricordo ha delle prime ore in cui si decise di cinturare i dieci comuni della Bassa, fra cui appunto Castiglione?

«Il 21 febbraio, la mattina, sono andato subito al tavolo tecnico istituito in Regione. Non si sapeva ancora bene come avvenisse la trasmissione del contagio e non si parlava ancora di zona rossa ma della chiusura di scuole, bar, oratori, dei luoghi di aggregazione insomma. Ricordo benissimo che dissi: “Nella mia scuola ci sono anche bambini di Bertonico, Castelgerundo e Terranova, e se vengono qua possono portare il virus a casa”. Anche il sindaco Passerini di Codogno allora disse che da lui venivano bambini di San Fiorano, Fombio e Maleo. È da lì che si è iniziato a ragionare su un “territorio” interessato da questa diffusione virulenta del Covid. Su quella lavagnetta in Regione, quella a treppiedi con i fogli che si usa nelle conferenze, c’erano i nominativi delle prime 6 persone nelle quali era stato riscontrato il contagio da Covid. Uno era Mattia Maestri, una la moglie, un altro un ragazzo di Somaglia che aveva giocato con Maestri e gli altri 3 erano miei compaesani, che nei giorni a seguire per altro sono morti. Lo stesso Mattia nei giorni precedenti, quando non stava bene, era venuto dalla mamma a Castiglione, per cui 4 dei 6 erano del paese».

Dunque fu presa la decisione di blindare Codogno e gli altri 9 comuni della Bassa. Subì pressioni dalle aziende sul suo territorio per ostacolare quella scelta?

«Purtroppo o per fortuna non abbiamo grosse industrie, ma nei giorni successivi anche quelle poche lamentarono la chiusura e l’impossibilità di trasportare la merce già in consegna. Non è successo però come nella bergamasca dove le imprese sono potenti e hanno pestato i piedi».

Come reagirono i piccoli commercianti?

«In paese c’era molta preoccupazione, anche se la gente all’inizio non capiva esattamente cosa stava succedendo e anche convincere a stare in casa non fu semplice. Avevamo le sirene ininterrottamente giorno e notte, la gente che stava male e i medici tutti fermi. Il medico di Maestri venne ricoverato per Covid, un medico di fuori non potè rientrare, e le due dottoresse erano in quarantena, rinchiuse nel loro ambulatorio per non infettare i famigliari. La situazione era veramente preoccupante. Io stesso, che avevo ricevuto la prima telefonata in piena notte, per notti e notti ho sentito il telefono anche se non squillava. Non è stato bello e non è stato facile».

Ci sono attività che a seguito della “zona rossa” sono collassate e non hanno più riaperto?

«Qualche negozietto che soffriva magari già prima ha chiuso, ma il Covid ci ha messo del suo. E le nostre aziende hanno fatto parecchia cassa integrazione, per cui ne hanno risentito anche le famiglie che hanno perso capacità reddituale».

Alla luce del record di morti Covid, l’avvocato del diavolo le direbbe che la chiusura totale non è servita. La rifarebbe?

«La penso assolutamente al contrario, sono stato favorevole a questa chiusura e a tutte le restrizioni successive. E personalmente non è da tanto che ho tolto la mascherina».

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