Castiglione, raid notturno al mobilificio

Su una radice d’albero, da venticinque anni troneggiava nel giardino di Cighetti Arredamenti. L’incudine in ferro del capostipite Giovanni è stato rubato dai ladri che lunedì notte hanno fatto irruzione nella storico mobilificio all’ingresso di Castiglione d’Adda e la figlia Igidia non riesce a darsi pace. L’attrezzo da fucina era un ricordo del padre, e il giardino sembra nudo senza più il suo “totem” al centro.

I malviventi sono arrivati davanti alla ditta a bordo di un furgone, hanno tentato di forzare il cancellone, ma non ce l’hanno fatta e così sono passati dall’ingresso a fianco degli uffici.

L’incudine si trovava a diversi metri dall’ingresso e visto l’enormità del peso, qualcosa come 150 chili, l’hanno fatta scivolare su un’asse da cantiere per poi trascinarla fino al mezzo. Un titolare dell’azienda l’ha trovata ieri mattina alle 7 al suo arrivo al lavoro, abbandonata sulla stradina privata che costeggia l’edificio Cighetti. L’asse era sporca di sangue, segno che uno dei malviventi si è ferito nel caricarla. Le tracce rimaste sono state raccolte ieri mattina dai carabinieri della compagnia di Codogno che hanno eseguito un sopralluogo sul posto. Non appena scoperto il furto, gli imprenditori hanno infatti avvertito i militari, anche per verificare insieme a loro che non fosse sparito dell’altro. A quanto pare i ladri hanno concentrato le loro forze sull’incudine, di scarso guadagno escluso quello che potranno ricavare dalla vendita in nero a qualche fonderia. Eppure dovevano averci messo sopra gli occhi da tempo, perché hanno agito secondo un piano studiato a tavolino.

Prima di andarsene hanno anche tentato di portare via una grossa sega a nastro, ma per spostarla ci sarebbe voluta una gru per cui alla fine si sono arresi.

«Quello che fa male è il ricordo - ha commentato Igidia Cighetti, trattenendo a stento le lacrime -. L’incudine era di mio padre, lo usava quando lavorava come fabbro. È stato lui a dare inizio all’attività nel dopoguerra, allora facevano carri agricoli. Poi l’azienda si è convertita in mobilificio, oggi abbiano un laboratorio dove facciamo mobili su misura e serramenti, porte, finestre».

Lo scorso anno i predoni sono venuti due volte a far visita al mobilificio e questa è la terza. Troppe. «Non ci si sente più sicuri - ha concluso Igidia -. Non puoi lasciare fuori neanche un paio di ciabatte perché ti portano via anche quelle». I capannoni Cighetti sono tutti provvisti di sistemi di allarme, ma non il giardino. E così la banda, che ha messo a segno il colpo lunedì notte, ha potuto muoversi nell’oscurità del tutto indisturbata.

Laura Gozzini

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