Casale: mille ai funerali dei coniugi

Hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo e incorniciato il volto di mamma Luisa e papà Silverio nella fotografia d’un loro abbraccio. È stata la figlia minore a scattarla, un momento di tenerezza rubato qualche tempo fa, e non hanno avuto dubbi lei e i fratelli Andrea e Matteo nel decidere che così e solo così volevano ricordarli nel giorno dei funerali celebrati ieri pomeriggio al santuario della Madonna dei Cappuccini a Casale. «Come ha ricordato il Papa nei giorni scorsi a Madrid sono i giovani che ci edificano - ha esordito padre Mariano Brignoli sottolineando il gesto di coraggio dei tre ragazzi, poi si è rivolto a loro -. Papà Silverio non ha fatto in tempo a piangere sulle spalle della mamma o a portarle un mazzo di fiori perché è successo l’irreparabile. Ma io l’ho sognato, che camminava in mezzo a tanta gente e mi veniva incontro, “devi parlare in nome mio, l’ho combinata grossa e devo chiedere scusa a Luisa, la mia sposa, e ai miei figli perché volevo bene a ognuno di loro”». Parole inaspettate, per dare voce a chi si è macchiato di una colpa e non per questo non ha amato: «L’ira è uno dei sette peccati capitali, è primitivo, volgare, non ha niente a che vedere con la sapienza del cuore - ha proseguito il frate come fosse Silverio, lui che ha ucciso la moglie Luisa e poi si è tolto la vita, a dialogare con i figli - niente a che fare con la sapienza del cuore o il confronto affettivo che conoscevo in famiglia».

La morte che ha strappato con violenza Silverio Peviani, 57 anni di Casalpusterlengo, e la moglie Luisa Dametti, 53enne di San Martino Pizzolano, all’affetto dei propri cari richiedeva un supplemento d’amore per essere accolta: e a quello ha fatto appello ieri il parroco padre Vitale Maninetti, cercandolo nei parenti e nell’intera comunità casalina. Tutta riunita ieri nell’ultimo saluto alla coppia: i colleghi di lavoro di Silverio alla Lever e quelli di Luisa alla filiale Cariparma di via Largo Casali, rappresentanti dell’amministrazione comunale e gli amici dei figli, e accanto a loro persone dei paesi vicini. Un migliaio almeno.

«Ho toccato con mano in questi giorni lo sconcerto e il dolore dell’intera città di Casale - ha detto il frate - vorrei che trasferissimo le nostre paure in una cordata di fede per caricare sulle nostre spalle Silverio e Luisa e portarli da Gesù». Un richiamo alla lettura evangelica, quel passo in cui la guarigione del paralitico diventa emblema del perdono dei suoi peccati. Perché «il peccato è sempre una paralisi, come in Adamo ed Eva paralizzati dietro a un cespuglio quando Dio li va a cercare - ha osservato il padre - rimettere i peccati significa lanciare via gli sbagli». Ma come è possibile riuscirvi? «È Gesù che viene a prenderci» ha aggiunto don Eugenio Nembrini, rettore del Sacro Cuore a Milano dove la figlia minore frequenta il liceo artistico, venuto apposta per starle accanto.

È stato invece don Franco Anelli a farsi portavoce della vicinanza del vescovo di Lodi Giuseppe Merisi. Poi i feretri hanno lasciato la chiesa, l’ultimo viaggio fino al camposanto di San Martino Pizzolano. Insieme.

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