«Ancora un mese di indagini per Stefano»

«Entro un mese le indagini potrebbero finalmente concludersi»: è la previsione che avanza l’avvocato greco Alexandra Dimou, che sull’isola di Mykonos fa da corrispondente ai legali dei genitori di Stefano Raimondi, lo studente della Cattolica di Ospedaletto Lodigiano morto nella discoteca Cayo Paradiso all’alba del 29 luglio dello scorso anno. Giusto 12 mesi fa, Stefano stava programmando con gli amici quell'attesissima vacanza in mezzo al Mediterraneo, meno di quattro settimane dopo la sua salma sarebbe ritornata a Ospedaletto con la triste ribalta della stampa nazionale. «Dagli inquirenti recentemente non è arrivato alcun atto», si limita per ora ad aggiungere il legale greco, mentre Alexander Georgiadis, il 23enne con doppia cittadinanza svizzera e greca, figlio di un medico greco emigrato da molto tempo a Basilea, resta ancora agli arresti domiciliari presso Atene e lavora nel bar di uno zio, dopo essere stato scarcerato dalla casa di reclusione di Korydallos già all'inizio dello scorso dicembre.

A mancare all’appello è la bottiglia impugnata dal presunto omicida, che non era stata sequestrata e non si ritroverà mai più, ma soprattutto le riprese di una telecamera che inquadrava la zona dei tavolini della discoteca, dove si è consumata l'aggressione mortale: i legali della famiglia Raimondi non hanno ancora avuto una copia dal tribunale di Nisos, cui fanno capo le indagini. Anche se le immagini sarebbero tutt’altro che nitide, potrebbero chiarire almeno se davvero i lodigiani avessero occupato per sbaglio il tavolo prenotato dalla compagnia dei greci con la quale era nato un litigio e se Stefano, come si dice, fosse intervenuto energicamente per fare da paciere per evitare che la discussione potesse degenerare. «Argò (L'ho steso)», avrebbe poi esclamato Georgiadis rientrando in albergo, dove l'indomani la polizia l'aveva rintracciato nella sua camera con 5mila euro sparsi a terra.

Nulla per ora trapela riguardo all'incontro dei giorni scorsi tra i legali della famiglia Raimondi e l’avvocato greco Nikos Konstadopoulos, importante uomo politico socialista nonché fino a due anni fa presidente della società sportiva Panathinaikos. La difesa sembra puntare sul fatto che la morte di Stefano possa essere stata causata da una caduta sul pavimento (un omicidio preterintenzionale, quindi) e non dai colpi di bottiglia che il 23enne gli avrebbe inferto con violenza sulla testa. La famiglia Raimondi chiede l'ergastolo e il codice penale greco per fatti simili lo prevede, assimilando episodi come questo alla premeditazione. Ma, almeno fino a quando la procura non si sarà espressa, resta aperta ogni ipotesi.

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