Accattoni a Codogno, c’è il racket

Sono una quindicina, in gran parte della Costa d’Avorio, loro stessi vittime del racket. Ma per la città rappresentano un “disturbo” continuo: giovani che chiedono l’elemosina a ogni angolo della strada, davanti a supermercati, panetterie, banche, all’ingresso del cimitero e sparpagliati un po’ ovunque tra i banchi del mercato rionale. Molti tengono un cappellino in mano, che allungano a ogni persona che passa loro davanti chiedendo di lasciargli qualcosa.

Pochi in realtà quelli che fanno cadere dentro qualche moneta, il resto delle ultime spese che tintinnano nelle tasche. Così succede che i mendicanti insistano tampinando quello o quell’altro, talvolta reagendo in malo modo all’ennesimo rifiuto. Di tanto in tanto i cittadini avvisano le forze dell’ordine, carabinieri o polizia locale, ma gli agenti non possono far altro che intervenire per identificarli e lasciarli andare.

Il fenomeno è ormai più che chiaro, si conoscono i soggetti e pressappoco anche i loro movimenti: i ragazzi che fanno accattonaggio non alloggiano in città ma vengono da fuori, spesso dal Cremonese. Con il treno arrivano a Codogno e raggiungono a piedi i posti del centro dove hanno più possibilità di ricevere un’offerta. Negozi e attività sono come spartiti e tra di loro non si pestano i piedi. Per lo meno di norma è così, perché quando accade si verificano scontri che rimettono tutti al loro posto. Il guadagno di una giornata in giro a chiedere l’elemosina può variare parecchio e spesso non resta a chi è costretto a fare accattonaggio. Il forte sospetto è che i mendicanti siano vittime di un sistema al di sopra di loro, che li manovra e costringe a elemosinare. Gli stranieri che in città lo fanno sono però sempre gli stessi, tra i 10 e i 15 quelli identificati, che si ripresentano periodicamente. A turni. Per chi accetta la loro presenza o non ci fa più nemmeno caso, tanti invece lamentano di sentirsi continuamente insidiati. Come Anna, che ha 80 anni e dice di mandare spesso il figlio a fare al suo posto la spesa per paura di essere avvicinata: «Non c’è pace - spiega -. Non si è liberi quasi di muoversi perché te li trovi dappertutto e se rispondi che non hai niente da dargli, ti prendono anche a male parole». Parole pronunciate nella loro lingua, ma che Anna sostiene non lasciano dubbi sulla rabbia che esprimono. Comprensibile, ma non per tutti giustificabile: «È una guerra tra poveri - riflette Ernesto, voce fuori dal coro -. Perché loro pensano che abbiamo l’oro a metà gamba e invece siamo qui a contare gli euro quando facciamo la spesa. Ma questi ragazzi non hanno proprio niente». Un fenomeno parallelo all’accattonaggio in centro si verifica agli incroci della circonvallazione, dove ad avvicinare gli automobilisti fermi in coda, sono giovani di nazionalità romena. Per lo più donne, molte con i figli piccoli in braccio. Mostrano cartelli su cui è scritto di avere un lavoro e niente da mangiare, che “stampano” sui finestrini delle auto nella speranza che qualcuno abbassi il vetro e dia loro una moneta.

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