Voci lodigiane dall’inferno giapponese

La testimonianza: «Ho atteso, ma la scossa non finiva mai»

«Ho aspettato, 5 secondi. La scossa non terminava. Non era delle solite che si sentono qui. Mi sono catapultato fuori». Gigi Boccasile, 30 anni di Lodi, da 4 e mezzo a Tokyo, ha provato tanta paura, venerdì scorso, al momento del terremoto. Adesso sta incollato alla tv e al pc, fino alla sera tardi, per seguire gli aggiornamenti. «Mia mamma - dice - mi ha chiesto di tornare, ma al momento resto. Gli aeroporti sono intasati, voglio aspettare di capire come evolve la situazione». Boccasile collabora con il Centro di cultura italiano e si occupa di traduzioni. Era andato a studiare il giapponese per due anni, dopo essersi laureato in lingue. È tornato a Lodi per 6 mesi, poi ha trovato lavoro là e si è trasferito.

«Il mio giorno di servizio è il mercoledì e mi hanno già avvertito che si lavorerà - spiega -. Sono sconvolto da come hanno reagito i giapponesi, dalla compostezza con la quale li ho visti uscire dalle metropolitane». Quando si è sentita la scossa di 8,9 gradi, venerdì, intorno alle 14.45, con epicentro a 380 chilometri da Tokyo, nell’isola di Honshu, Boccasile si trovava in casa. «All’inizio non ci ho fatto caso - racconta -, siamo abituati alle scosse. Ho aspettato qualche secondo, ho visto che il sisma continuava e mi sono catapultato fuori. Tra l’altro sono stato sciocco: lì i fili dell’alta tensione sono tutti scoperti e quindi è meglio restare all’interno degli edifici. Alla seconda scossa, che si è sentita più tardi, infatti, mi sono rifugiato all’interno del fabbricato. Tutto il giorno si sono sentite scosse più o meno brevi, ma ad ognuna di esse saltavamo tutti sulla sedia. Di notte faccio fatica a dormire. Resto il più possibile attaccato alla tv e al pc; qui le informazioni sul terremoto arrivano in tempo reale. Cerco di mantenere la calma. Quando arrivano le notizie dall’ambasciata, visto che non tutti le ricevono, le carico sul mio profilo di Facebook e le faccio girare. La cosa che mi preoccupa adesso è il nucleare. Tornare in Italia è un problema, vediamo come si mettono le cose. Conosco italiani e stranieri che se ne sono già andati. Non è vero, invece, che l’ambasciata francese sta rimpatriando i connazionali. Sta dicendo solo a chi deve andare in Giappone in vacanza di non andarci o a chi è lì per lo stesso motivo di lasciare il paese». Come lui, a Tokyo, anche Primo Tomba, 70enne di San Colombano, da 20 anni direttore al ristorante Sabatini. La nipote, docente del Bassi, Marialaura Sari, tutti i giorni lo sente: «Zio torna», le dice, ma lui ha deciso di restare. «La notte si sveglia con l’ansia - racconta l’insegnante -, è andato dal medico a farsi prescrivere delle gocce tranquillanti. Quando si è sentita la scossa era il momento del pranzo, tutte le persone si sono riparate sotto i tavoli. Lui è rimasto incollato al muro, in preda al panico. L’ambasciata però dice che la situazione ora è sotto controllo, anche per quanto riguarda la contaminazione da radioattività. Ieri era già al lavoro». Paolo Cacciato, consulente commerciale, doveva partire ad aprile da Lodi, per andare a Tokyo, ma adesso è tutto sospeso. Lavora per 5 società, distribuite tra Piemonte e Lombardia, si occupa di investimenti italiani in Giappone. «Abbiamo dei progetti di apertura di filiali là - racconta - contratti e relazioni commerciali da chiudere, ordini in corso, invece non so come andrà a finire. Una fabbrica che è nostra partner è stata colpita dallo tsunami. Al danno umano si aggiunge quello economico, anche se i giapponesi stanno superando la paura con il lavoro e a Tokyo hanno già ripreso a lavorare, compatibilmente con la razionalizzazione energetica. Stamattina ho ricevuto delle fatture e dei documenti in sospeso. I giapponesi si portano dietro la paura storica, il ricordo di Hiroshima, ma hanno già detto che ricostruiranno Sendai meglio di prima. Stanno mantenendo un equilibrio incredibile. A ogni trasferta in Giappone ho avvertito almeno 3 o 4 scosse. Il 20 dicembre c’è stato un terremoto di 7,2 gradi. Da noi è stato allertato, là non l’hanno nemmeno avvertito. Se ci fanno partire io vado, non ho paura, mi fido molto del sistema giapponese. Ho paura solo che questo dramma segni molto la stabilità, sia sociale che economica di quel paese. Ora a noi tocca sostenere la loro produttività».

Kuniko Tanaka, giapponese, da più di vent’anni in Italia, ha avuto paura per i suoi parenti, anche se vivono nell’arcipelago di Okinawa. «Io e mio marito, invece, abbiamo collaborato con il museo civico di Sendai e siamo molto preoccupati per i nostri amici. C’è ancora una persona che non ha risposto alle nostre mail».

Tanaka ha sentito la notizia del sisma dalla radio dell’auto. «All’inizio mi sembrava tutto così terribile - racconta -, i danni erano sempre più grandi. Mi è piaciuto però il discorso del primo ministro: per primo si deve aiutare i disastrati e salvare la gente e poi rimettere in piedi quanto è stato distrutto. Sono molto preoccupata, personalmente, per il discorso del nucleare. Il governo continua a dirci che la situazione è sotto controllo, spero che non sia più grave».

«Ho aspettato cinque secondi. La scossa non finiva mai. Non era delle solite che si sentono qui. Mi sono catapultato fuori». Gigi Boccasile, 30 anni di Lodi, da 4 e mezzo a Tokyo, ha provato tanta paura, venerdì scorso, al momento del terremoto. Adesso sta incollato alla tv e al pc, fino alla sera tardi, per seguire gli aggiornamenti. Boccasile collabora con il Centro di cultura italiano e si occupa di traduzioni. Era andato a studiare il giapponese per due anni, dopo essersi laureato in lingue. Non è l’unico lodigiano in Giappone

© RIPRODUZIONE RISERVATA