Uso del suolo, al Lodigiano la maglia nera

Un’indagine del Centro comune di ricerca della commissione dell’Unione Europea con sede a Ispra (Va), cui ha dato ampio risalto “il Cittadino” del 3 giugno scorso, assegna al Lodigiano la maglia nera nell’uso del suolo, collocandolo tra le peggiori otto province italiane e tra le peggiori dell’intera Unione per gli incrementi registrati nell’urbanizzazione dei suoli. Questo studio, che fa affidamento sulle tecnologie più avanzate nel campo del telerilevamento e sulle metodologie più rigorose, è mirato a proteggere e a valorizzare i suoli, che costituiscono la più importante risorsa naturale. Due sono i parametri principali presi in esame: 1. Estensione delle superfici impermeabilizzate (sealed soils), vale a dire coperte da strati di cemento, asfalto, mattoni o altri materiali edili impermeabili all’acqua. Esse corrispondono nel gergo italiano alle superfici cementificate, le quali rappresentano una percentuale piuttosto variabile delle aree urbanizzate o insediative; 2. Incrementi nel tempo delle superfici urbanizzate (artificial surfaces), definite come superfici su cui insistono edifici, parchi e infrastrutture. Detti incrementi, ove si realizzino a spese di aree agricole, forestali e naturali, provocano il cosiddetto consumo di suoli (land take). I dati sull’uso dei suoli sono di varia fonte, tra le più autorevoli nel mondo: Progetto Corine, Eurostat, Agenzia europea per l’ambiente (E.e.a.), Ispra. Il Lodigiano presenta in media, nell’anno 2006, un’estensione di superfici cementificate pari al 5% dell’area territoriale, all’incirca il doppio di quello medio dell’Italia e dell’Unione Europea. E’ opportuno al tempo stesso rimarcare che la distribuzione della cementificazione, quale si può agevolmente interpretare dall’esame della National soil sealing map, è piuttosto eterogenea: 2-5% nella valle dell’Adda e lungo il basso Po, 5-10% nelle aree rurali della pianura fondamentale, 10-50% nelle aree variamente interessate da aggregati urbani. Se si osserva con attenzione la mappa dell’Europa, si vede che solo i Paesi scandinavi mostrano un‘incidenza bassa di superfici cementificate, compresa tra 0 e 2%, e sono quindi dotati di un assetto autenticamente rurale. Seguono, nell’ordine, i Paesi dell’est e del centro Europa, questi ultimi da annoverare tra i più cementificati. L’Italia, nel suo complesso, è migliore della sua cattiva fama, occupando una posizione intermedia, più vicina alla Francia, ma più bassa di Olanda e Germania, che svettano in cima alla classifica. Differente è il quadro, se in luogo dell’estensione in termini assoluti o percentuali delle superfici cementificate, si prendono in esame gli incrementi nel tempo, che sono funzione delle spinte economiche e speculative sui suoli. II Lodigiano presenta, nel periodo 2000-2006, un incremento di superfici urbanizzate di oltre il 6%, all’incirca il doppio della media italiana ed europea, piazzandosi agli ultimi posti della classifica nazionale. Tutti i Paesi mostrano incrementi più o meno elevati. In testa alla classifica stanno Olanda, Irlanda, Spagna e Portogallo, mentre i Paesi dell’est occupano posizioni di coda. Sorprende, in particolare, la Spagna, che mostra incrementi spettacolari dell’ordine del 10-25% e oltre, con il rischio di perdere nei prossimi anni l’assetto rurale e l’immagine di grande potenza agricola. Questi dati mostrano che non è esagerato o ingeneroso assegnare al Lodigiano la maglia nera nell’uso del suolo. Essi evidenziano peraltro un fatto molto preoccupante: in Europa la ruralità non esiste più o è a forte rischio. La ragione prima delle trasformazioni urbane risiede nella pressione edilizia e nella speculazione immobiliare, che determinano lo sperpero dei suoli, pilotando le sempre più fragili economie dell’Occidente, e segnatamente dell’Italia, verso il mattone e le Grandi Opere, a scapito dei settori più avanzati e innovativi. L’aspetto ancora più paradossale è che si costruisce senza alcuna necessità. Emerge, infatti, dall’indagine europea che nell’arco di 40 anni (1960-2000), in Italia le aree urbane sono aumentate del 300%, mentre la popolazione residente ha mostrato un incremento più che modesto (+3,6%). Questo significa che in passato si sono costruite case in quantità quasi cento volte superiore alle esigenze demografiche. Se tale tendenza dovesse trovare conferma in avvenire, lo scenario urbano dei prossimi decenni sarebbe dominato dal triste spettacolo di capannoni vuoti e case disabitate. C’è tanto da fare per scrollarsi di dosso un giudizio così inquietante, che non fa onore alla tradizione agricola e imprenditoriale lodigiana. Per i nostri politici sarebbe un errore imperdonabile continuare a comportarsi come se niente fosse.

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