Unione politica: ma come?

La proposta di una “convenzione”, una sorta di assemblea costituente o simili, che spiani la strada in maniera inequivoca e definitiva all’unione politica europea, “imputata” da giorni ad Angela Merkel, ha il pregio di suscitare attenzione sul processo di integrazione comunitaria anche se lascia aperti molteplici interrogativi. Il primo riguarda la reale intenzione della cancelliera tedesca di compiere un così coraggioso, e per tanti versi azzardato, passo politico. Un ulteriore punti di domanda si rivolge invece all’eventuale perimetro di tale proposta: ovvero, di quale tipo di Europa futura si sta parlando?È almeno lecito dubitare sul fatto che il capo del governo tedesco, praticamente alla vigilia della campagna elettorale per il voto legislativo nazionale che si terrà tra un anno, si incammini per un sentiero tanto impervio, sapendo che l’Europa non è esattamente in cima alle simpatie dell’opinione pubblica tedesca. La quale è mediamente convinta di dover aprire a più riprese il portafogli per pagare i conti Ue, per mantenere la burocrazia di Bruxelles, e, adesso, per rimettere in sesto i bilanci statali dei Paesi mediterranei rei, per molti tedeschi e olandesi e austriaci e finlandesi, di spendere più di quanto si possano permettere. Per tale ragione occorrerà verificare se la Merkel avanzerà effettivamente una proposta di “konvent” su scala Ue.Ma se anche la Merkel stesse preparando una sortita di questo genere – visto che da tempo va predicando la necessità di approfondire l’unione politica europea -, quale sarà il reale contenuto della proposta? Si fa presto, infatti, a dire “unione politica”, benché le implicazioni di una simile espressione siano le più diverse.È piuttosto lampante, ad esempio, che una convenzione, un’assemblea costituente o realtà equivalente, può svolgersi con il solo contributo dei governi dei Paesi membri (una sorta di grande Consiglio europeo straordinario), oppure può coinvolgere le altre istituzioni comunitarie, a partire dal Parlamento di Strasburgo, unico organismo Ue eletto a suffragio universale dai cittadini dell’Unione. E quale ruolo eventualmente assegnare in tale assise alla Commissione, che già ora, in base ai trattati vigenti, detiene il potere di iniziativa legislativa e di “custode dei trattati” stessi? E, ancora, si può decidere il futuro dell’Ue senza coinvolgere direttamente – mediante gli istituti democratici – gli stessi cittadini europei (o, se si preferisce, la “società civile”, i rappresentanti delle imprese, delle famiglie, dell’associazionismo o dei sindacati…), verso il “bene” dei quali si dovrebbe orientare l’intera architettura comunitaria? Si tratterebbe poi di sapere se una nuova riforma dell’Unione europea debba procedere in chiave federalista (creazione di uno Stato federale di dimensioni continentali, sull’esempio statunitense), oppure confederalista (un patto di ferro tra capitali e cancellerie), o mediante una diversa, originale e magari sorprendente forma politica, come a suo tempo fu la Comunità economica europea trasformatasi in Ue con il Trattato di Maastricht del 1992.Un’altra domanda, lecita e persino prevedibile, riguarda la necessità o meno di procedere – sempre sulla strada di una più efficace unione politica – mediante un nuovo trattato. Negli ultimi 20 anni l’Ue ha prodotto numerosi trattati o pseudo-trattati (Maastricht, Amsterdam, Nizza, Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali, la abortita Costituzione europea, Schengen, fino al recentissimo “fiscal compact” per il rigore dei bilanci nazionali…), alcuni andati a buon fine, altri meno. Non è fuori luogo domandarsi, soprattutto in un momento in cui i cittadini chiedono con urgenza concrete misure per battere la crisi, quale accoglienza otterrebbe tale trattato presso i disoccupati greci o gli indignados spagnoli, fra i consumatori francesi oppure fra i risparmiatori britannici o ciprioti, nelle città dell’est Europa o nelle campagne dei Paesi baltici... Altri nodi da sciogliere potrebbero essere elencati attorno alla – peraltro opportuna e per certi versi lungimirante – proposta di unione politica europea. Varie questioni sorgono infatti attorno al tema della sovranità degli Stati in relazione ai poteri da attribuire alle istituzioni politiche ed economiche comuni (Consiglio, Parlamento, Commissione, Bce, Corte di giustizia…) oppure sul peso effettivo che i cittadini avrebbero in tali decisioni (gap democratico dell’Ue).Sono solo dei temi aperti. Che non contrastano con la possibilità di rendere concreta e solida l’unione politica Ue, ma che attendono un vero dibattito pubblico sulle sue finalità e sulle modalità per costruirla.

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