Una sfida decisiva per il futuro

Volete sapere quale conseguenza dell’arrivo di Papa Francesco ritengo più decisiva? Questa: finalmente la missione irrompe nella nostra vita pastorale!Da noi si ha tanto timore a parlare di missione e soprattutto si è sgomenti a sentire che la missione può dire e cambiare qualche cosa del nostro mondo pastorale, pesante e autoreferenziale. Ne sanno qualcosa i missionari che ritornati in patria si sentono dare dell’utopista, del povero illuso, del fuori dal mondo solo perché cercano di tradurre e rendere espliciti valori scoperti in altre parti del mondo. Ne so qualcosa anch’io che da anni mi sento rispondere con un silenzio di sufficienza ogni volta che tento timidamente di dire - ai parrocchiani, ai confratelli, ai superiori o agli organismi di comunione - che la nuova evangelizzazione dovrebbe passare da una nostra “ibridazione” con valori, temi e contenuti che ci provengono dal Sud del mondo.Ora, con il nuovo Papa, il Sud del mondo è arrivato a noi, e che arrivo! Non libri o teorie, non un manuale di pastorale latinoamericana o africana, come avremmo forse preferito noi credenti sofferenti di intellettualismo, ma un testimone in carne ed ossa, il Papa Francesco argentino, uno che la missione non la studia ma ce l’ha nel sangue, la respira e la fa respirare in ogni pensiero, parola, movimento, atteggiamento. Anzi, penso che da questo punto di vista - a parte il carisma personale del Papa Francesco, che è veramente unico - ci si sarebbe potuti attendere un risultato simile anche da un Papa africano o asiatico: il Sud è Sud, a qualsiasi latitudine lo si ponga. E il Papa Bergoglio è realmente un uomo del Sud, ed i valori che emergono prorompenti dalle prime battute del suo pontificato sono inequivocabili. Ne voglio citare qualcuno che mi è rimasto particolarmente impresso nel cuore:-il primato della spiritualità, cioè del sentire spirituale, fatto di grande sensibilità e di attenzione a tutti, a tutto il Popolo di Dio e soprattutto ai piccoli e ai poveri, di cui si colgono non la debolezza umana, per la quale rimarrebbero sempre oggetto del nostro buon cuore, ma la forza evangelica, che li fa essere i protagonisti della nuova evangelizzazione (“dite a Dio Padre di benedirmi”...);-un rapporto finalmente “normale” col Vangelo, al posto del rapporto “mentale” molto caro al nostro pensare occidentale; non un libro oggetto di studio, ma la fonte viva della vita nuova quotidiana. La qual cosa ridisegna i ritmi, gli incontri, le priorità, ma soprattutto ci mette di fronte alla forza, alla potenza del Vangelo, che a noi sfugge in gran parte, visto che alla Parola di Dio chiediamo soprattutto che sia comprensibile, o al massimo ci inebriamo per un attimo al suo buon profumo...;-la valorizzazione dei carismi, che possono anche “mettere a tacere” il superiore, perché portatori di un tratto originale dello Spirito. Ma per noi è difficile cogliere i carismi della gente, visto che tendiamo a credere (o ci fa comodo) che il superiore sia la sintesi di tutti i carismi...;-la forza dell’annuncio. Un tratto che, a detta di tutti coloro che hanno ascoltato o dialogato con il nuovo Papa, è risultato determinante per cogliere il suo carisma, è la sensazione di stupore e spesso di straniamento in seguito alle sue parole e ai suoi atteggiamenti: ti sconcerta, ti spiazza con un ribaltamento di logiche, di situazioni... Ma il mondo missionario conosce bene questo genere di emozioni, e non se ne fa troppo un problema: infatti sa che sempre l’incontro con l’altro, con la sua cultura, con il suo mondo è portatore di novità spesso dirompenti per la nostra visione delle cose. E se poi ci accorgiamo che, in realtà, l’altro è portatore dell’Altro, capiamo che siamo di fronte non ad una stravaganza di un “diverso da noi” che ci crea stupore o imbarazzo, ma a un dono dello Spirito da conquistare e da custodire nel cuore e nella vita. E la nuova evangelizzazione non passa forse, più che da insegnamenti o catechesi, da questo stupirci e gioire con l’altro per il dono, gratuito e sovrabbondante, dell’Altro?Ecco qualche sfumatura che colgo in Papa Francesco, ma ecco anche, a mio parere, una sfida decisiva portataci dal Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” per la nostra mentalità di abitatori del “piccolo mondo antico” nonché di utenti inconsapevoli (o forse consapevoli?) di quel “mondo-villaggio” fatto ostinatamente a nostra immagine e somiglianza, anche nella vita ecclesiale. Vorremo accettare la sfida e farci aiutare da questo “Papa Sudista” a convertire il nostro cuore e la nostra Chiesa?

© RIPRODUZIONE RISERVATA