Una sede sola: Strasburgo o Bruxelles?

Sulla propria sede e sull’organizzazione interna del lavoro il Parlamento europeo alza la voce. Durante la sessione plenaria di Strasburgo di fine novembre, infatti, l’Emiciclo ha adottato, con una maggioranza di 483 voti contro 181 fra contrari e astenuti, un rapporto sulle sedi delle istituzioni dell’Unione europea. In realtà l’unico tema del rapporto del britannico Ashely Fox e del tedesco Gerald Häfner era la sede del Parlamento europeo.In questo rapporto i deputati reclamano per se stessi il diritto di definire il proprio modo di lavorare, ivi compreso il diritto di determinare dove e quando si riuniscono. Inoltre, per motivi economici ed ecologici hanno approvato il principio di avere come sede un unico luogo e di mettere fine alla migrazione mensile tra Bruxelles e Strasburgo. La coesistenza dei due siti rappresenta un costo aggiuntivo stimato fra i 156 e i 204 milioni di euro l’anno, cioè corrispondente al 10% del bilancio annuale del Parlamento europeo. Genera, inoltre, importanti danni ambientali: lo spostamento di 5mila funzionari e membri del personale, così come degli 8 camion carichi di documenti in occasione delle sessioni mensili che si tengono nella città alsaziana, sarebbero all’origine di 11-15 tonnellate di emissioni supplementari di Co2.La città di Bruxelles potrebbe invocare, a proprio favore, la forza simbolica della sua posizione geografica in un’Unione europea molto più ampia rispetto agli inizi. Non era forse già nel Medioevo, insieme ad altre città delle Fiandre, il punto d’incontro tra le due strade più importanti d’Europa, quella che da tempi immemorabili la collegava all’Italia del Nord passando per Marsiglia, Lione e Troyes, e quella che portava verso Est, fino a Novgorod in Russia, passando per Colonia, Berlino, Gniezno e Vilnius?Il fatto che gli edifici del Parlamento europeo a Strasburgo siano utilizzati solamente in occasione delle sessioni plenarie (12 volte l’anno, per 4 giorni ciascuna) aggrava il problema. Quello che molti ritengono uno spreco del denaro dei contribuenti europei è confermato anche dal fatto che i 754 eurodeputati, oltre a 160 funzionari che seguono le plenarie, hanno due uffici, uno a Strasburgo e l’altro a Bruxelles; e siccome una parte dell’amministrazione del Parlamento europeo si trova in Lussemburgo, si scopre che 150 funzionari dell’Euroassemblea hanno anche tre uffici.Tuttavia, i difensori della situazione attuale hanno in loro favore il Trattato sull’Unione europea. Formulata in un primo tempo al vertice di Edimburgo del 1992, poi aggiunta nel 1997 al trattato di Amsterdam, la regola è la seguente: «Il Parlamento europeo ha sede a Strasburgo, dove si svolgono le dodici sessioni plenarie mensili, compresa la sessione di bilancio». Il cambiare questa norma richiederebbe una riforma dei Trattati, e dunque l’unanimità degli Stati membri. Il fatto che i deputati, secondo le rispettive competenze, abbiano preso la decisione di avviare un processo di revisione del Trattato non cambia nulla, dunque, rispetto a questa situazione. Per essere chiari: finché la Francia insisterà nel tenere le sessioni plenarie a Strasburgo, le cose non cambieranno.In ogni caso, per molti cittadini europei la «transumanza» mensile è effettivamente diventata un simbolo della disfunzione europea. Questo simbolo sarà usato dagli euroscettici non francesi durante la prossima campagna elettorale. Rischia di sfumare il bel simbolo che inizialmente era rappresentato dal fatto di riunirsi a Strasburgo, città martire dei conflitti tra la Germania e la Francia dei secoli passati. Il simbolo della riconciliazione corre il pericolo di vedersi svalutato. Mario Monti e la deputata europea Sylvie Goulard hanno suggerito di fare di Strasburgo una città del dialogo della società civile e di consentire al Parlamento europeo di stabilirsi definitivamente a Bruxelles. Proposte che meritano attenzione.

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