Una risposta economica alla crisi

Non è solo una questione di numeri, anche se i numeri della cooperazione italiana sono di tutto rispetto. L’alleanza che nel gennaio scorso è stata sancita tra le tre principali centrali cooperative (Confcooperative, Legacoop e Agci), porta in dote un fatturato annuo di 127 miliardi di euro prodotto da 43mila imprese che danno lavoro ad oltre un milione e centomila persone. No, i numeri dicono molto, ma molto di più spiega la nuova considerazione che l’economia e la società hanno per il fenomeno della cooperazione. Quella cooperazione che l’art. 45 della Costituzione invita a favorire e promuovere proprio per la sua intrinseca qualità di mettere al centro l’uomo, e non il profitto. In tempi recenti, le cooperative sono state viste come un relitto del passato, un anacronismo rispetto ad una realtà fatta di profittabilità degli investimenti, di utili da far crescere sempre e comunque, di orizzonti di redditività ristretti ormai a pochi mesi. Di una sbandierata irresponsabilità sociale, dove non conta più dove si produce, chi e quanto lavora, che ricaduta abbia un’attività sul territorio e sulla società.

Importa (importava) solo il profitto degli azionisti. E che gioia per le Borse e il valore delle azioni ogniqualvolta veniva annunciata una delocalizzazione, “tagli” e “contenimento dei costi”, la chiusura di uno stabilimento… Che poi questo significasse la difficoltà economica o la rovina di migliaia di persone e famiglie, poco importava a chi considerava le persone un “fattore di produzione”.

Ne parliamo al passato perché l’aria sta cambiando. Chi taglia e licenzia non è più un eroe celebrato dalle riviste patinate e superpagato dagli azionisti. Chi, come le cooperative, è invece frutto di un territorio, in questo è radicato, e ha come primo obiettivo quello di remunerare correttamente il lavoro apportato, sta diventando almeno un’àncora di salvataggio, se non addirittura un baluardo per affrontare questa enorme crisi economica che ci sconquassa.

I numeri dicono che siamo di fronte alla peggiore crisi economica dal Dopoguerra ad oggi, una crisi che dura ininterrottamente dal 2008. Ebbene: il mondo cooperativo in questo lasso di tempo ha saputo salvaguardare sia i fatturati complessivi che l’occupazione. Non ha guardato agli utili trimestrali ma ha continuato a costruire il proprio futuro, a consolidare le fondamenta, a valutare il tempo con prospettive assai più lunghe.

Chi edifica sulla roccia ha maggiori capacità di sopportare le intemperie.

Monito antico, che più d’uno aveva dimenticato.

Non si può proprio dire che la crisi abbia risparmiato settori come l’agroalimentare o l’edilizia, dove la cooperazione è forte. Eppure sta stringendo i denti laddove le società di capitali stanno incontrando maggiori difficoltà. Che la cooperazione non affronta chiudendo di qua per aprire di là, dove il lavoro costa meno e le persone sono più sfruttabili…

Un capitolo a parte – e un plauso speciale – va alle cooperative sociali, la vera spina dorsale del welfare italiano. Quelle coop che si occupano dell’assistenza alle fasce più deboli della popolazione, disabili e anziani non autosufficienti in primis.

Fanno funzioni che gli enti pubblici non possono o non sanno più fare. Enti pubblici che però affidano questi servizi sociali con l’assurda logica del massimo ribasso, senza alcuna valutazione della qualità del servizio offerto. Far quadrare il cerchio sta diventando sempre più difficile per queste realtà, che devono pure fronteggiare la marea di furbi che utilizzano lo strumento giuridico della cooperazione per creare finte coop che si aggiudicano gli appalti con offerte fuori mercato, salvo poi evadere Fisco e Inps e sparire in un anonimato poco disturbato da chi è preposto a controllare.

Una di quelle magagne che la nuova Italia dovrebbe raddrizzare. Così come dovrebbe astenersi da coinvolgere le cooperative sociali – e soprattutto le persone che ne usufruiscono i servizi – da quell’orizzonte di lacrime e sangue sempre più spesso prospettato. Se è tempo di sacrifici, che ne sia esentato chi da sempre ne fa, e chi non ha nemmeno gli occhi per piangerle, quelle lacrime.

© RIPRODUZIONE RISERVATA