Una nave non può restare in mare aperto

Abbiamo trascorso con monsignor Giuseppe Merisi quasi nove anni, una stagione in cui il suo ministero e la sua persona si sono intrecciate con la storia della nostra Chiesa. Non è questo il luogo dei bilanci, ma della riconoscenza sì.La missione del vescovo si colloca tra alcune polarità la cui connessione risulta feconda per la vita della Chiesa e del mondo. La prima è la connessione tra comunità universale e comunità locale. La Chiesa è l’unica struttura mondiale che può valorizzare il suo essere globale e planetaria e il suo essere radicata in ogni singola comunità. Nel vescovo la tensione tra universalità della Chiesa e particolarità locale si risolve, nella misura in cui viene assicurata da parte del vescovo vitalità e coesione alla Chiesa locale e connessione apertovisibile con la Chiesa universale. La coesione della Chiesa locale la vediamo qui anche stasera; e l’impegno sostenuto da lei a livello europeo prima, e a livello nazionale per i settori di carità e salute, ha reso per noi ancora più evidente questa connessione. Ci ha insegnato a non trascurare le radici locali e a investire energie per la comunione fra noi, ma anche a non chiuderci in anguste e miopi prospettive.La seconda connessione tiene insieme altre due polarità: la valorizzazione del discernimento comunitario e la responsabilità della decisione ultima personale. Sappiamo quanto ci tenesse il Vescovo a favorire e promuovere il concerto di tutte le voci del coro ecclesiale nella progettualità per il cammino comune di questi anni (convegni, assemblee, verifiche), ma senza mai rinunciare al coraggio della decisione e delle scelte che ha ritenuto necessarie a livello delle persone, delle situazioni, delle comunità, in nome del bene dei singoli e della Chiesa. E non è stato in questo il semplice moderatore, che tira la somma dei pareri, ma colui che promuovendo e stimolando l’apporto di tutti, ha accompagnato il cambiamento della Chiesa in questi anni indicandone la direzione.Il Vescovo è impegnato a operare una terza connessione: tra qualità di vita evangelica e destinazione universale del Vangelo. Anche il Sinodo in corso risente di questa problematica connessione. La legittima preoccupazione per qualificare l’appartenenza alla Chiesa e la vitalità personale della fede non deve ingenerare un processo selettivo che riduce la comunità dei credenti a un gruppo elitario, condizionato da criteri esclusivi. Noi sappiamo come il vescovo in sintonia con il sentire della Chiesa abbia spesso rivendicato il radicamento popolare del vissuto di fede della nostra terra; penso alla promozione della vita associata, al coordinamento degli organismi di partecipazione e dell’assetto della Chiesa sul territorio; in questa linea ha spesso ricordato l’aggancio che l’esistenza umana come tale nei suoi passaggi vitali e nei suoi ambiti costituisce per il Vangelo. Ma il Vescovo non è venuto meno neppure al compito di stabilire i criteri per conservare la qualità della proposta, per tutelare la preziosità del Vangelo (cosa santa, perla): basti pensare alle feconde indicazioni dei Piani pastorali sulla formazione individuale e comunitaria per i minori, gli adulti, le famiglie. Tenere in connessione queste polarità è stata la sua fatica e la sua passione.Ora passa ad un altro il testimone. Per questo momento di congedo mi soccorre un’immagine, che non è fra gli ambiti a lei più congeniali (sport, storia, lirica…). So che il viaggio in mare non è di suo gradimento. Eppure la nave è una delle figure più antiche e più belle della Chiesa. Lei ci ha guidato con determinazione in giorni sereni e di tranquillità condividendo la nostra gioia, e in giorni di tempesta infondendo sicurezza e coraggio a chi era nello sconforto o nella paura; ci ha insegnato a non respingere nessuno dei disperati che invocano soccorso e chiedono di essere imbarcati: la Chiesa rimane faro di speranza anche oggi. Ma ancora: una nave non è fatta per restare in mare aperto o peggio per andare alla deriva; essa è diretta all’altra riva, ad un porto di cui ci parla quel Vangelo di cui lei è stato annunciatore. Perché la nave arrivi là – lo si è capito – lei ci ha guidato, e nella giusta direzione. A noi di conservare gelosamente sempre la nostalgia di quel porto, mentre portiamo oggi nel cuore anche la nostalgia di lei mentre lascia il comando della nave ad un altro. Stasera, in questa celebrazione, è il Popolo di Dio che la benedice, quel Popolo da cui non la separa l’ora presente: lei vi appartiene ormai per sempre.Ci ricorda san Paolo: “Coloro che esercitano bene la presidenza siano trattati con doppio onore” (1 Tim 5,17). Per aver portato a nostro favore il carico del ministero episcopale, le diciamo grazie, mentre alla Vergine Maria e ai nostri Santi chiediamo che le conservi per i giorni futuri la serenità con la quale ci ha accompagnato. A nome di tutti: grazie e ad multos annos!

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