Una favola e la strana “Creazione”

Parlare di diversità è sempre un po’ difficile, vuoi per la delicatezza dell’argomento, vuoi per le ripercussioni culturali che da essa scaturiscono, vuoi anche per l’interesse che il dibattito suscita. Ma andiamo per gradi. Cominciamo da Alex Corlazzoli maestro, giornalista e scrittore che ha recentemente parlato dei libri di lettura che molti docenti sono avvezzi a consigliare alle mamme nelle vacanze. E fin qui niente di male. Anzi. Sarebbe bello vedere grandi e piccoli assorti nella lettura di un bel libro visto che oramai sono molti i ragazzi che parlano male, scrivono male e non sanno più ascoltare. Ma c’è un libro, in particolare, che Corlazzoli segnala non fosse anche che per il disagio che ha creato e continua a creare leggendo una sua pagina in particolare. Si tratta di «Storie e fiabe degli zingari» di R.A.W. Barnes il cui contenuto è adatto ad alunni delle elementari. All’interno di questo libro, e precisamente a pag. 24, viene narrata una leggenda dal titolo: “La Creazione”. Una paginetta che, sullo stile dei bigini, presenta un contenuto, sotto forma di racconto, che lascia perplesso chiunque si soffermi a leggere. Data la questione che solleva, ritengo opportuno riportare integralmente la favoletta. Ed è così che si legge: “Al tempo della creazione Dio pensò che gli sarebbe piaciuto creare degli esseri umani. Così prese un bel po’ di farina e di acqua e li impastò insieme a formare dei piccoli uomini. Li mise a cuocere nel forno ma, sfortunatamente, fu distratto da qualcos’altro e se ne dimenticò. Quando li tirò fuori dal forno erano tutti bruciati e fu così che furono creati i neri. Allora impastò dell’altra farina con dell’altra acqua e di nuovo mise tutti gli uomini nel forno, ma stavolta preoccupato che non gli bruciassero di nuovo, finì per tirarli fuori in anticipo. E questi diventarono i bianchi. Quando riprovò per la terza volta, tanto per essere sicuro di non sbagliare i tempi di cottura, creò prima il tempo e l’orologio. E infatti quando tolse gli uomini dal forno, erano cotti al punto giusto, appena appena bruniti. E questi erano gli zingari”. Incredibile, ma vero. Ci troviamo di fronte a un tentativo culturale, ritengo maldestro, di parlare delle diversità o forse delle diverse razze. Ora mi si può dire che è solo una favoletta scritta per far capire a dei bambini di sei anni in modo semplice la diversità del colore della pelle degli uomini; mi si può anche dire che il brano non fa alcun accenno alla diversità della razza ragion per cui si tende a rafforzare il concetto che non esistono diverse razze, ma esiste una sola razza che è la razza umana. Tutte obiezioni accettabili. Si possono dire tante altre cose, ma non si può dire di aver suggerito a dei bambini di sei anni, un buon libro di lettura per le vacanze. Un libro dove tra l’altro, come argomento principale, sottopone all’attenzione dei piccoli lettori l’origine degli zingari, gli unici che hanno evitato di essere abbrustoliti perchè sono stati “cotti al punto giusto”. Ci sono mille modi per parlare di modelli di convivenza tra culture diverse per situazioni sociali, radici storiche, tradizioni culturali, ma parlare di Qualcuno impegnato a infornare pupazzetti impastati con acqua e farina per spiegare a dei bambini piccoli che il diverso tempo di cottura può determinare il diverso colore della pelle con conseguente appartenenza a una etnia piuttosto che a un’altra, francamente mi sembra completamente fuori misura. Personalmente mi guarderei bene dal consigliare alle mamme di comprare un simile libro di lettura per le vacanze che passa per un libro di fiabe. Ci sono ben altre proposte in editoria che possono sostituire degnamente una fiaba incentrata a spiegare in modo del tutto strano e discutibile il diverso colore della pelle. La storia dei Rom merita una collocazione storica nell’alveo della società multiculturale ben più esaustiva che non una fiabetta scritta in maniera riduttiva con un messaggio che, in fin dei conti, gira attorno a un forno. L’autore avrebbe fatto meglio ad affidare il compito abbronzante alle moderne lampade solari, ai raggi uva e gamma a cui si affidano i nuovi palestrati piuttosto che a un forno a legna. Cosicché per Barnes i bianchi sono tali perché tirati fuori dal forno in anticipo, i neri devono il colore della pelle al ritardo con cui sono stati sfornati mentre gli “zingari” (anche se personalmente preferisco parlare di Rom) sarebbero i perfetti perché sfornati al momento giusto. Se questo è il significato che si vuole dare alla paginetta in questione per spiegare la diversità del colore della pelle degli uomini, cosa bisogna dire per spiegare l’etnia cinese? Forse che bisogna precisare che nell’impasto è stato aggiunto dello zafferano? E per gli eschimesi? Si deve precisare che alla farina e allo zafferano è stato aggiunto un pizzico di farina di castagne? Ma andiamo! Sono sciocchezze. Bene hanno fatto alcuni genitori a sollevare delle perplessità su un contenuto che passa per messaggio da trasmettere con una attenta lettura. E queste sarebbero le buone letture? Questi i concetti suggeriti per parlare di integrazione sociale? A me sembra che così facendo si finisce col parlare piuttosto di discriminazione che può essere esternata mediante riserve mentali, tradotte in pratica da atteggiamenti ostili alimentati dalla sola apparenza. Preoccupazione prima dell’autore è, infatti, quella di arrivare a spiegare a dei bambini piccoli le diversità e le differenze tra gli uomini, ma in questo modo non fa altro che rafforzare la diversità e allontanare la ricchezza di cui ciascuno è portatore in quanto uomo che lo rende così unico per le proprie caratteristiche e per la propria storia indipendentemente dall’etnia, dalla religione, dal colore della pelle, dalla cultura e dalle tradizioni. «La diversità è il contrario della rassomiglianza, di ciò che è identico» scrive Tahar Ben Jelloun, scrittore franco-marocchino, ne “Il razzismo spiegato a mia figlia”, un bellissimo romanzo che, questo sì, consiglio di leggere. Un bel messaggio da trasmettere alle future generazioni espressione di una società che si fa sempre più multietnica e multiculturale.

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