Un referendum per il Lodigiano del futuro

La sorte delle Province appare ormai segnata. Alcuni territori italiani- come la storica Provincia di Milano - sono stati trasformati in città metropolitane. Altri – come la Provincia di Lodi - attendono di conoscere quale sarà il loro futuro. Asfittiche, abbandonate a sé stesse, lasciate senza risorse al punto di non riuscire a tagliare l’erba che sul ciglio delle strade e al centro delle rotonde ha superato l’altezza di un metro, le Province neppure conoscono la sorte dei loro dipendenti e chi assicurerà ad essi lo stipendio, visto che in cassa non c’è rimasto più nulla.

E’ certo che il Lodigiano registrerà anche la perdita dell’autonomia della Camera di commercio e dietro ad essa ci sarà la serrata, uno dopo l’altro, degli uffici periferici che lo stato aveva dislocato sul territorio all’indomani della nascita della Provincia. Anche le banche locali, a fronte di riforme e controriforme, paiono destinate ad aggregazioni forzate.

Di questo passo l’unica istituzione che manterrà solida la sua autonomia è quella che ha fornito a questa terra la sua marcata identità: la diocesi e il suo vescovo.

Non possiamo dimenticare che l’autonomia amministrativa che gli ultimi governi hanno cancellato con colpi di spugna non ci venne regalata da nessuno. La Provincia fu una conquista – invocata, sofferta, combattuta – ottenuta da un gruppo ristretto di politici illuminati che seppero inseguire un sogno lontano e trasformarlo in realtà. Ora la stagione delle autonomie appare sul viale del tramonto, e potremmo correre il rischio di vedere emanata una legge che obbligherà i piccoli Comuni all’accorpamento, passando sopra alla storia, alle tradizioni, alla cultura di un popolo. Ma questo discorso ci porterebbe lontano.

Che fare, oggi? Quale futuro per il Lodigiano? Dobbiamo attendere inermi le decisioni dall’alto? Dovremmo aspettare che dalla Regione Lombardia qualche solerte funzionario che non ha mai messo piede in questo territorio decida, in base alla carta geografica, che debbano essere accorpate Lodi a Pavia e Cremona a Mantova? O attendere supini che si concretizzi l’ipotesi della cosiddetta “area vasta”, che prevede la nascita di un ente che tenga insieme tutte e quattro le province affacciate sul Po, ossia un carrozzone ingovernabile dove la rappresentatività del Lodigiano conterebbe come il due di picche? Oppure chiedere di poter essere aggregati alla Città metropolitana di Milano, con un percorso istituzionale irto di ostacoli, che renderebbe necessario il pronunciamento del Parlamento?

Finora i lodigiani – esclusa qualche dichiarazione dei politici fatta sui giornali o qualche pronunciamento espresso dagli stessi in assemblee le cui platee erano inesorabilmente vuote – sono rimasti alla finestra. Eppure ad andarcene di mezzo è il futuro di tutti noi, a partire dal taglio dei servizi. Un po’ di protagonismo, in questa fase, non guasterebbe.

Una considerazione è però importante: il futuro del Lodigiano in questo frangente particolare non appartiene al consiglio provinciale, non è di un ristretto cerchio di politici, ma deve essere disegnato dal più alto numero possibile di persone che in questo territorio sono nate o che l’hanno scelto come propria residenza. Sono encomiabili le iniziative come quelle messe in campo dal Pd, ma devono essere anche tutte le altre forze politiche a pronunciarsi su questo tema, che è troppo importante per essere lasciato a un singolo gruppo di amministratori. Si pronunci la popolazione.

Perché non coinvolgere la gente, chiedendo alla stessa cosa intende fare? Andare con Pavia? O con Milano? Oppure subire le decisioni imposte dall’alto? Perché non indire un referendum su questo tema? Sarebbe un esempio di democrazia unico in tutta Italia.

Tenere una consultazione popolare nello spazio di dodici ore con tutti i crismi della legge, utilizzando al posto dei seggi il web (con una piccola postazione in ogni Comune) costerebbe un nonnulla rispetto a un referendum con le cabine, gli scrutatori e le schede elettorali. La Rete porta con sé vantaggi incredibili. Tutti all’insegna della democrazia. Trentamila singoli lettori ogni giorno si collegano al Sito Internet del “Cittadino”. E noi, in questa idea della consultazione popolare, siamo pronti ad essere compagni di viaggio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA