Un prezzo pesantissimo da pagare per parrucchieri ed estetisti nel Lodigiano

Nel settore benessere una perdita di 10 di milioni di fatturato durante il 2020

Una perdita di 10 milioni di euro di fatturato nel 2020, il rischio abusivismo che solo nell’ultimo mese contende il 71 per cento dei ricavi alle attività regolari, l’insoddisfazione dei clienti, le enormi preoccupazioni per il futuro in una categoria ad altissimo tasso d’occupazione femminile e sempre proiettata alla formazione di nuove professionalità giovani. Per il settore Benessere lombardo e lodigiano la chiusura in zona rossa è un colpo da cui sarà difficile riprendersi, e con l’allontanarsi della zona arancione diventa sempre più pesante per imprese e lavoratori.

L’Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardia ha stimato in 450 milioni di euro in meno i ricavi 2020 del settore Benessere lombardo, che conta 24mila 688 imprese. Nel Lodigiano le imprese sono 547, di cui l’85 per cento hanno forma artigiana, e la perdita di fatturato 2020 è stimata in 10 milioni di euro. «Ma il problema non è solo economico - afferma Anna Josè Buttafava, presidente di categoria di Confartigianato della provincia di Lodi -. Gli acconciatori sono rimasti aperti in dicembre, e non risulta abbiano contribuito alla diffusione dei contagi, perché i protocolli di sicurezza messi in campo sono stati molto rigidi. Le nostre clienti erano sicure da noi, molto più che non al supermercato. Eppure, acconciatori, ed estetisti alla pari, sono chiusi. Questo apre le porte all’abusivismo, quello strutturale, ma anche quello d’opportunità, perché molte colleghe e colleghi stanno cedendo alle pressanti richieste dei clienti e vanno direttamente in casa a fare i trattamenti. È sbagliato, ma si capisce la motivazione che c’è dietro: c’è l’enorme difficoltà economica che stiamo vivendo, con ristori non adeguati, e soprattutto il timore di perdere clienti».

Ma queste non sono le uniche preoccupazioni del settore Benessere, dove il 69 per cento dell’occupazione in provincia di Lodi è al femminile. «C’è un problema di prospettiva, perché non sappiamo quanti posti di lavoro perderemo una volta stabilizzata la situazione – prosegue Anna Josè -. Parliamo tanto di occupazione femminile e di giovani, ma rischiamo di perdere tanta occupazione femminile e di non fare quell’attività formativa per i giovani che nelle nostre botteghe-scuole è un elemento importante per rinnovare il settore, far crescere nuovi professionisti e dare ricambio alle attività. C’è molto scoramento da parte degli operatori del settore, e c’è scoramento anche nelle clienti. Se le misure del Governo sono improntate alla sicurezza sanitaria, allora chiediamo di poter riaprire i nostri luoghi di lavoro, che sono sicuri e affidabili».

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