Un nuovo titolo arriva in soccorso

Nella terza settimana di ottobre è stato collocato il terzo Btp Italia una nuova tipologia di titolo di stato con cui il tesoro finanzia il debito pubblico. Le caratteristiche del Btp sono la durata di 4 anni e un tasso di interesse del 2,55% annuo a cui si aggiunge il tasso di inflazione registrato in Italia. Pertanto con un inflazione pari al 3,5% il tasso di interesse percepito dal sottoscrittore sarà pari al 6,05% annuo ripartito su due cedole semestrali. Con il diminuire delle tensioni sui mercati finanziari, grazie alla politica monetaria della Banca Centrale Europea, l’emissione ha avuto successo: sono stati sottoscritti 186.698 contratti per un controvalore di 18,02 miliardi di euro. I dati diffusi dal Tesoro segnalano che 106.000 contratti sottoscritti sono stati di un importo inferiore ai 20.000 euro e che circa il 9% dell’intero importo è stato collocato presso investitori esteri. Il 91% è rimasto quindi nelle mani di risparmiatori e investitori residenti in Italia. Non è una novità tutti i dati diffusi fino ad oggi dimostrano che sono stati gli italiani a sostituire gli investitori esteri nell’acquisto dei titoli emessi dal tesoro. Grazie alla loro fiducia, non sempre meritata, lo stato italiano è riuscito a piazzare sempre i suoi titoli, e da luglio sembrerebbe che gli investitori esteri stiano ritornando.

E’ importante però in questi momenti non farsi travolgere dall’euforia diminuendo l’attenzione sui conti così da agevolare i fautori della spesa pubblica. La stato italiano non è fallito ma non se la passa bene. Il debito pubblico previsto a fine anno è pari a 1.976 miliardi di euro e 18,02 miliardi rappresentano appena l’1%.

Le ultime previsioni governative indicano un indebitamento netto nel 2012 pari a 41 miliardi così determinato: un avanzo primario (al netto degli interessi) pari a circa 45 miliardi e una spesa per interessi per tutto il 2012 pari a 86 miliardi. Lo stato quindi riesce ad avere un bilancio in avanzo: le spese (senza interessi) sono ampiamente coperte dalle entrate tributarie. Peccato che il fardello del debito pubblico accumulato a partire dagli anni 70 con il costo degli interessi manda in rosso il bilancio annuo.

La domanda naturale è come fare ad abbattere questo debito mostruoso che a fine 2012 raggiungerà il 126% del Pil. La storia di secoli indica tre modi per riuscirci: un evento straordinariamente negativo come una guerra che abbatte il valore del debito, tassi di interesse che paga il debitore più bassi del tasso di inflazione e per ultimo la crescita.

Scartata la prima soluzione che comporta distruzioni e perdita di vite umane rimangono le altre due.

Se i tassi di interesse pagati sul debito sono inferiori al tasso di inflazione il valore del debito in termine reale diminuisce. E’ quello che successe alla generazione che comprò casa negli anni 70 indebitandosi con un mutuo a tasso fisso del 5%; nel 73 l’inflazione divento galoppante raggiungendo tassi del 15-20% e coloro che erano indebitati si trovarono a pagare rate di mutui con valore nominale identico ma molto basse, se rapportate al reddito rispetto a quelle di partenze. Viceversa se i tassi di interesse pagati sono superiori al tasso di inflazione (tasso di interesse reale) gli stati sono costretti a incrementare il debito pubblico rispetto al Pil. Ad oggi lo stato italiano paga tassi di interesse inferiori all’inflazione quando si indebita con titoli aventi scadenza inferiore ai 4 anni, su tutti gli altri titoli con scadenze superiori paga invece un tasso di interesse più alto dell’inflazione.

Gli interessi sul debito vengono pagati con le entrate tributarie. Quindi con il creditore residente in Italia si verifica un effetto “redistributivo”: se il tasso di interesse è reale (superiore all’inflazione) il creditore viene pagato con le tasse pagate dai contribuenti, viceversa se è negativo (inferiore all’inflazione) il creditore finanzia lo stato contribuendo a diminuire il debito pubblico in rapporto al Pil; in quest’ultimo caso in termini nominali il debito non diminuisce ma vale di meno in termini reali.

Il meccanismo più virtuoso per diminuire il debito rimane la crescita ma qui entriamo in un campo dove le righe da scrivere sono molte se ogni attore economico non ha fiducia dell’altro, sono poche se ognuno si rimbocca le maniche, compie il suo dovere e applica il motto “la vita è semplice, non è facile perché occorre impegnarsi, ma le soluzioni sono semplici e chiare”

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