Un bambino su dieci non ha da mangiare

“Chiediamo al Governo Renzi e a tutte le istituzioni coinvolte di fare arrivare a destinazione, senza ulteriori ritardi, in tutte le città oggetto della sperimentazione della social card, i fondi stanziati da più di due anni per il sostegno alle famiglie in povertà con bambini. Se pensiamo alla vita quotidiana di famiglie con bambini che sopravvivono con meno di 3.000 euro di Isee l’anno, è facile cogliere la gravità delle lentezze burocratiche nell’assegnazione di un contributo già stanziato da tempo”. Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children si rivolge con queste parole al primo ministro Matteo Renzi, a proposito della sperimentazione della cosiddetta «Nuova Social Card», una carta acquisti con un importo fino a 404 euro al mese rivolta ai nuclei familiari recentemente caduti in situazione di povertà.La sperimentazione della Nuova Social Card è stata istituita con D.L. n°5 del 9 febbraio 2012, prevedendo uno stanziamento di 50 milioni di Euro1. Resa poi attuativa con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (10 gennaio 2013) nei 12 Comuni più popolosi d’Italia - Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona - ad oggi non è stata ancora erogata in nessuno dei Comuni coinvolti.“La preoccupazione della Caritas per le condizioni delle famiglie italiane, in quest’ anno ancora pesantemente segnato dalla crisi, è grande”, fa eco don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, che aggiunge: “per questo sono importanti tutte le azioni che potrebbero segnalare una attenzione nuova del Governo alle fasce più deboli come l’avvio effettivo delle sperimentazioni della nuova carta acquisti, la pronta definizione del Piano operativo per il nuovo fondo europeo sui beni essenziali, una più efficace azione contro la povertà minorile e l’evasione scolastica.”In Italia, in modo più accentuato rispetto agli altri paesi europei, il galoppante e drammatico impoverimento ha colpito con particolare intensità i bambini: oltre 1 milione sono quelli in povertà assoluta - pari a 1 minore su 10 - con una crescita del 30% fra 2012 e 2013.“In assenza di misure strutturali di lotta alla povertà minorile quali quelle che chiediamo da tempo, - prosegue Raffaela Milano - la sperimentazione della social card, sebbene limitata, avrebbe potuto in questi mesi contribuire a migliorare sensibilmente le condizioni di vita di tanti bambini e adolescenti. E’ necessario impegnarsi per accelerare i tempi di erogazione e occorre apportare i correttivi necessari, dal momento che la misura è stata finanziata nell’ambito della riprogrammazione dei fondi europei in sede 1 I 50 milioni verranno così ripartiti: Bari: 3 milioni di euro; Firenze: 1,5 milioni circa; Genova: 2 milioni e 600.000 euro; Milano: 5,5 milioni di euro; Torino: 3milioni e 800mila euro; Verona 1milione 114mila euro; Venezia 1,143 milioni di Euro; Roma 11,577 milioni di euro; Palermo 6,123 milioni di euro; Catania 2,740 milioni di euro; Napoli 8,9 milioni di euro; Bologna 1,604 milioni di euro” Save the Children in collaborazione con Caritas Italiana ha effettuato un monitoraggio dello stato di attuazione della misura nei 12 comuni coinvolti (dati al 31 gennaio 2014). Da tale monitoraggio è emerso il ritardo che ha riguardato, seppure in misura diversa, tutti i comuni. Basti ricordare che le prime erogazioni erano attese già a novembre 2013 e non solo ad oggi nessuna famiglia ha ricevuto il contributo, ma in tutti i comuni si è ancora in attesa delle graduatorie definitive.Di fatto restano esclusi sia i cosiddetti nuovi poveri, ossia le persone recentemente trovatesi in situazione di povertà (a causa del criteri riguardanti l’abitazione, possesso beni mobili e veicoli di recente acquisizione) sia coloro che si trovano in situazione di povertà assoluta (dovuto al criterio selettivo della perdita recente del lavoro).Un fattore di grave ritardo nella procedura di erogazione del contributo è legato alle difficoltà burocratiche incontrate dai Comuni tra cui l’incompatibilità dei sistemi informatici e i tempi lunghi per gli accertamenti da parte dell’INPS - in media tre mesi - che hanno comportato una ricezione tardiva delle graduatorie e gravi ridarti nell’erogazione del beneficio. La misura prevedeva infatti un controllo preventivo da parte dell’INPS sulle graduatorie delle domande raccolte dai Comuni. Un controllo certamente utile per evitare abusi, ma gestito in modo tale da comportare un grave ritardo nei tempi. Basti pensare che al 31 gennaio tutti i comuni erano ancora in attesa delle graduatorie provvisorie da parte dell’INPS.La maggior parte delle città ha raccolto le domande tramite bando pubblico, tranne i Comuni di Milano e Bologna che hanno scelto di non pubblicare un bando bensì di avvalersi di canali interni di selezione tramite i servizi sociali. L’ultimo ad emanare il bando è stato il Comune di Roma che lo ha aperto nel mese di gennaio e lo ha chiuso il 28 febbraio scorso.La gestione della sperimentazione è stata difficoltosa anche perché quasi tutte le amministrazioni si son o trovate ad utilizzare le risorse umane, logistiche e finanziarie a loro disposizione, già oberate di lavoro, come i servizi sociali territoriali, sportelli del cittadino, segretariato sociale. I Comuni non hanno stanziato risorse finanziarie aggiuntive per la social card. Nell’individuazione di beneficiari, alcuni Comuni hanno individuato criteri di prioritarizzazione in linea con quelli indicati nel decreto. Tra questi la presenza nel nucleo beneficiario di soggetti con problemi di salute mentale, dipendenze e handicap (Firenze), la precedente ricezione di un contributo economico comunale e la residenza nel Comune di riferimento da almeno due anni (Firenze e Torino), la presenza di nuclei familiari numerosi (Torino).Alla luce dei dati raccolti, Save the Children e Caritas Italiana chiedono al Governo e al Ministero delle Politiche Sociali e agli enti locali di:- rivedere i criteri di accesso alla nuova social card perché i numeri dimostrano che i criteri di selezione dei beneficiari così come strutturati non solo non permettono un’efficace uscita dalla povertà ma non raggiungono i destinatari prescelti. Di fatto restano esclusi sia i nuovi poveri, ossia le persone recentemente trovatesi in situazione di povertà (a causa del criteri riguardanti l’abitazione, possesso beni mobili e veicoli di recente acquisizione), sia coloro che si trovano in situazione di povertà assoluta (dovuto al criterio selettivo della perdita recente del lavoro);- facilitare un maggior coordinamento tra il livello territoriale e l’INPS sopratutto permettendo un adeguamento dei sistemi informatici e tecnici in modo da garantire la rapidità delle procedure di selezione ed erogazione;- sostenere l’inclusione attiva dei beneficiari destinatari dei Piani di Intervento Personalizzati dando chiare indicazioni ai Comuni per un’efficace attuazione di questi ultimi. Va ricordato che la sperimentazione prevedeva di legare l’aiuto alla partecipazione dei beneficiari a percorsi di inclusione sociale, al rispetto dell’obbligo scolastico per i figli, a corsi di riqualificazione professionale;- promuovere azioni di coordinamento con le realtà civiche e di volontariato presenti sul territorio per integrare questa misura con le altre azioni di contrasto alla povertà, in una logica di sussidiarietà, di efficacia e di sostenibilità futura.

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