Troppi silenzi sulla legge del fine-vita

L’argomento è di quelli particolarmente “sensibili”, ma i media… sembrano non accorgersene. E infatti ne parlano pochissimo. Ci riferiamo alle Dat (Dichiarazioni/Disposizioni Anticipate di Trattamento) e, più in generale, al tema del fine-vita. Eppure, i lavori della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati sul testo base continuano “a spron battuto”, per far giungere il ddl in tempi rapidi (20 febbraio?) in Parlamento. Perché allora tanto silenzio informativo? Sarà un caso? O piuttosto una scelta? Rimane il fatto che il compito principale di un’informazione (lo dice la parola stessa!) corretta e veritiera è quello di fornire al pubblico elementi di conoscenza su ciò che accade quotidianamente, perché ciascuno possa elaborare le proprie considerazioni e giudizi, con una cognizione di causa. Tanto più di fronte ad argomenti delicati e complessi, com’è la dimensione delle cure mediche e del fine-vita.Dunque, più che limitarsi a registrare (o tifare per) i SÌ e i NO dei vari schieramenti politici sull’argomento, crediamo sia meglio aiutare la gente comune a comprendere più in profondità quali siano le principali problematiche connesse al tema del fine-vita, problematiche per l’appunto richiamate nell’attuale versione del ddl in discussione alla Camera dei Deputati.Proviamo qui a darne poco più che un elenco, rimandando a successive occasioni la possibilità di approfondire le varie dimensioni di ciascuna di esse.Punto centrale, attorno al quale far ruotare le altre questioni ad esso connesse, è anzitutto il valore che si sceglie di riconoscere a ciascuna vita umana, in quanto bene essenziale della persona. Riconoscerne la dignità inalienabile, infatti, ne decreta anche l’indisponibilità, da parte di chicchessia. Diversamente, essa si presta ad essere subordinata ad altri valori e principi – come l’autodeterminazione individuale – soprattutto se interpretati nelle loro forme più radicali.Vi è poi il problema concreto dell’eutanasia, con le sue possibili definizioni, classificazioni e modalità di esecuzione, da considerare sotto il profilo etico e giuridico. Sempre sul piano operativo, richiede un’attenta riflessione anche l’uso e l’eventuale interruzione dei sostegni vitali, in particolare della nutrizione e idratazione artificiali, tenendo sullo sfondo la mai risolta disputa circa la distinzione tra terapie e cure assistenziali.Più in generale, in questo ambito, il tema emergente è quello della proporzionalità delle terapie e delle cure, con lo sforzo di identificare soggetti e criteri delle scelte concrete da operare nei singoli casi clinici. Qui, spicca la proposta della cosiddetta pianificazione condivisa del percorso terapeutico, anch’essa bisognosa di ulteriori chiarimenti e precisazioni per poter essere implementata come effettivo strumento dell’alleanza paziente-medico.Proprio quest’ultimo punto, la relazione paziente-medico rappresenta senz’altro un altro passaggio ineludibile nella riflessione etica e giuridica sul fine-vita, poiché nel modo di intenderla, in qualche modo, si riflette la concezione stessa dell’arte medica che la nostra società vuole promuovere e tutelare.E per difendere l’incontro tra due coscienze – quella del paziente e quella del medico – è quanto mai necessario comprendere il significato e il senso di strumenti come il consenso informato del paziente e la possibilità dell’obiezione di coscienza per gli operatori sanitari.Tema attualissimo – e in un certo senso riassuntivo -, in ultimo, è quello delle cosiddette Dat (Dichiarazioni/Disposizioni Anticipate di Trattamento). Anche in questo caso, molti sono gli elementi da chiarire perché un dispositivo giuridico del genere possa essere effettivamente tradotto in realtà, rispettando i capisaldi etici che paziente e medico hanno scelto per sé e deciso di condividere.

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