Tante le bandiere, quale patria?

Spente le 150 candeline dell’Italia unita, che cosa rimane da tramandare ai posteri? Per un giorno, dalle Alpi al Lilibeo s’è avvertito quel palpito di comune sentire cui ha dato voce il discorso del presidente della repubblica, denso di una storia che si fa annuncio di un futuro possibile (e migliore). Non si possono lasciare in ombra, però, altri aspetti, riassumibili in un interrogativo: di quale patria si è parlato il 17 marzo? Voci, suoni e immagini somigliavano terribilmente a quelli di un’epoca remota: il Risorgimento illustrato da una sequenza di “santini”, con contorno di poeti e letterati selezionati sul modulo dell’apoteosi generale. Inoltre, solo se viene ricapitolato senza omissioni, del passato si fa una celebrazione autentica. Ma stavolta, per esempio, nelle rievocazioni la casella del fascismo non è stata riempita. Nell’autobiografia degli italiani il capitolo del grande “consenso” a Mussolini interpella tutte le componenti culturali, politiche e anche religiose: non per condannare, ma per spiegare come in determinate condizioni il valore della libertà possa essere posposto ad altre istanze. E come un intero popolo possa affidarsi al carisma demiurgico di un protagonista non esente, dopotutto, dal destino dei comuni mortali.Quanto al futuro, c’è da constatare la mancanza di una “visione” generale in cui inserire identità e ruolo dell’Italia.Lo stato dell’arte è noto: il “governo mondiale” dell’Onu ridotto a pallida utopia, l’Europa avvitata in una logica di Confederazione di stati indipendenti che mal sopportano i pur ridotti vincoli unitari, i singoli stati in preda a perduranti vocazioni di egemonia nazionalistica, o avviluppati nelle incontrollate trazioni delle “piccole patrie”. Con la conseguente impossibilità, per esempio, di un approccio univoco alle sfide insite negli sconvolgimenti sulle sponde del Mediterraneo.Certe enfasi del 150°, insomma, hanno fatto riaffiorare l’ambiguità tra ciò che è “nazionale”, come retaggio di storia, tradizioni, culture, istituzioni e aspirazioni, e ciò che è “nazionalistico”, come attitudine che subordina le relazioni tra i popoli all’affermazione aggressiva di particolari interessi.Appare pertanto indispensabile continuare a denunciare la mancanza di una seria “pedagogia patriottica”, soprattutto tra i giovani, non surrogabile dalla gloria di un giorno.Un’indagine recente rivela che per il 57% degli studenti delle superiori la Costituzione non è la carta fondamentale della repubblica, ma “l’insieme di tutte le leggi dello stato italiano”. Invece una lettura sistematica della Costituzione consentirebbe di adottare per il passato una sintesi interpretativa corretta e lungimirante, e per il futuro una visione autenticamente umanistica, in grado di esprimere il meglio di un pensiero politico orientato al bene comune.In tanti per il 150° si sono messi a cercare le… sorgenti della patria, come fossero quelle del Nilo. Bisognerebbe loro ricordare che proprio nella Costituzione avviene la confluenza di tutti gli apporti. Ed è con la Costituzione che prende corpo il progetto – valori e contenuti – dell’unica Patria che vale la pena di amare.

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