Storia di un re e del suo banchiere

C’era una volta un re chiamato Luigi. Era il sedicesimo con questo nome a sedere sul trono di Francia, al quale era asceso nel 1774. Il suo regno era il più popoloso d’Europa, aveva grandi potenzialità economiche ed era all’avanguardia della cultura.Il gigante poggiava però su piedi d’argilla. Il sistema sociale infatti era a dir poco arcaico, diviso da secoli in tre grandi ceti denominati stati: il clero, la nobiltà, la borghesia produttiva. Superfluo dire che le masse popolari stavano al di fuori di questo invalicabile recinto. I primi due stati (in pratica alto clero e grande nobiltà) godevano di cospicue rendite e di consolidati privilegi, tra cui quello non indifferente di pagare poco o niente di tasse. Il terzo stato, imprenditori, professionisti, artigiani, commercianti, sopportava invece un crescente carico fiscale, perché l’altro piede d’argilla del regno era costituito da un crescente e incontrollabile deficit di bilancio, generato dalle manie di grandezza dei predecessori di re Luigi XVI e da una serie di guerre sfortunate. Per far fronte alla drammatica situazione il re chiese consiglio al noto banchiere svizzero Jacques Necker. Il Necker non era propriamente un benefattore, ma s’intendeva benissimo di finanza. Si fece portare i conti e diede il proprio suggerimento al sovrano. Primo: fare pagare le tasse anche a chi non le pagava o le eludeva, cioè a prelati, duchi, conti, marchesi ecc. Secondo: stimolare l’economia adottando una politica liberista sul modello inglese (laissez faire, laissez passer). Terzo: ridurre le spese della Corte le quali, pur non avendo la favoleggiata incidenza percentuale sul budget statale, rappresentavano un facile argomento polemico nelle mani dei nemici della monarchia. Il re approvò il piano e diede incarico di realizzarlo allo stesso Necker in veste di primo ministro. Apriti cielo. Sobillati (forse) dalla regina Maria Antonietta, gli ambienti di corte e le classi privilegiate eressero le barricate e il re fu costretto a licenziare il banchiere svizzero. Frattanto le cose stavano andando come dovevano andare, cioè di male in peggio, in assenza di provvedimenti coraggiosi. Ormai sull’orlo del baratro finanziario, re Luigi, richiamato il Necker, fece un ultimo disperato tentativo convocando gli Stati Generali, ossia l’assemblea rappresentativa di tutti e tre i ceti sociali, per chiedere l’adozione di misure urgenti. Il consesso si aprì a Versailles nel Maggio 1789, ma i delegati, invece di occuparsi del disastrato bilancio del regno, cominciarono a litigare sul sistema di votazione: votare per stato (due-a-uno a favore del clero e dei nobili) oppure pro capite (maggioranza assoluta al terzo stato che era ovviamente il più numeroso)? A troncare la bizantina disputa ci pensarono i parigini, che il 14 luglio di quell’anno assaltarono e distrussero la fortezza della Bastiglia. Era scoppiata la Rivoluzione Francese, durante la quale il re, la regina e una moltitudine di francesi (non sempre colpevoli, ma le rivoluzioni non vanno per il sottile) persero la testa sotto la ghigliottina. Il Necker si ritirò a vita privata nel 1790 e le finanze francesi furono risanate solo una quindicina d’anni più tardi dal genio organizzativo – e dai bottini di guerra – di Napoleone Bonaparte.Questa è in estrema sintesi, la storia di un re e del suo banchiere. E naturalmente qualsiasi riferimento a fatti o persone attuali è puramente casuale, come si leggeva in certi vecchi film.

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