Spazio alla tecnologia, ma non solo

Continua il confronto a distanza tra i fautori dell’uso delle tecnologie digitali nelle scuole e chi vede in questo un grosso rischio per la stessa qualità della didattica. Da una parte c’è il professor Diego Sempio, Rettore dell’istituto «Ikaros» di Grumello del Monte che ha inserito l’uso dei tablet iPad, la tavoletta elettronica touch screen, in tutte le classi, e dall’altro il professor Raffaele Simone, docente di linguistica e filosofia del linguaggio all’Università di Roma Tre, decisamente contrario a un piano di digitalizzazione totale della scuola. Tesi a confronto, dunque, su un tema tanto sentito quanto foriero di divisioni teoriche e pedagogiche. Si sa che oggi i ragazzi parlano un unico linguaggio fatto di computer, telefonini, smartphone, videofonini, tablet, tastiere, auricolari, connessioni, reti, webcam, download e tanto altro ancora. Ora si parla, anche, di libri da scaricare, di appunti da digitalizzare, di compiti da memorizzare e inviare in remoto, di e-learning. Tutto è elettronico, tutto è computerizzato, non mancano agenti esterni che fanno da badanti, pronti a entrare in azione. Ma in fin dei conti questi nostri figli computerizzati sono in grado di studiare sui libri? Sanno fare una ricerca lessicale? Un’analisi logica? Sanno mettere ben in ordine soggetto, verbo e complemento oggetto? Sanno fare un riassunto? E poi i genitori dalla scuola vogliono ragazzi che sanno leggere, scrivere e far di conto o ragazzi che sanno smanettare, scaricare, gestire le periferiche? A ben guardare però, questi nostri ragazzi hanno ragione.

Mi è capitato di vedere all’opera un controllore delle nostre ferrovie (molto giovane) intento a controllare i biglietti con un piccolo apparecchio elettronico. Capisco che sono fuori tempo massimo. Controlla il mio biglietto di carta con aria compassionevole, poi passa al mio vicino di poltrona e comincia a smanettare una strana macchinetta, ricorrendo ad una mini penna ottica. Tutto avviene in pochissimi minuti. Non ci sono biglietti di carta, anzi riceve come risposta la conferma di una prenotazione digitale avvenuta anzitempo. Chiedo spiegazioni. Mi si dice che è un biglietto virtuale, che consente di evitare inutili code alla biglietteria della stazione. Potenza della tecnologia. Il mondo cambia e con esso cambia la scuola e cambiano anche gli studenti. Ragazzi che non sfogliano più libri di carta, ma fanno scorrere, da destra a sinistra, un dito sul tablet per veder girare una pagina virtuale. Dicono che i giapponesi ne hanno inventata un’altra delle loro. Sfogliando virtualmente un libro sul tablet, un odore di carta investe l’odorato del lettore. Non c’è limite alla tecnologia!

Poi ci sono libri con collegamenti ipertestuali che accompagnano le singole pagine a immagini, suoni, fotografie. Tutto è digitalizzato perchè tutto è affidato alla tecnologia. Del resto non è raro vedere nelle nostre scuole ragazzi con auricolari collegati a invisibili mp3 intenti più ad ascoltare la musica che a seguire le lezioni.

Di tanto in tanto mi portano qualcuno in presidenza vittima dell’odio del docente verso la tecnologia (in realtà ciò che viene contestato è il disinteresse mostrato in classe dall’allievo). Cercano di giustificarsi. Si arrabattano, si aggrappano ai vetri, ma poi si affidano alla comprensione del preside. Dicono che non hanno problemi. Una volta a casa, infatti, sono in grado di approfondire i contenuti navigando in internet e con il sistema collaudato del copia e incolla creano interessanti documenti. Oggi è così.

Gli insegnanti possono stare tranquilli, tanto nulla sfugge e niente si perde, ma tutto si crea. La digitalizzazione è una realtà. Lo ha detto anche il ministro della pubblica istruzione Francesco Profumo che ha persino avviato il progetto digitalizzato «Scuola in chiaro». Le iscrizioni alle scuole, infatti, da quest’anno sono anche on-line e qui si rivelerà prezioso il contributo dei ragazzi che di conoscenze digitali ne sanno più degli stessi genitori.

Mi capita anche di affrontare mamme arrabbiate a causa dello scarso andamento dei figli nello studio, pronte a chiudere in box il motorino, a vietare le partite di calcio e, udite, udite, a togliere il computer dalla scrivania. Poveri ragazzi. Proprio lo strumento di lavoro e di divertimento. No! Quello no! Qualcuno deve pur spiegare a queste mamme arrabbiate che il computer è il nuovo amico fedele dei ragazzi. Oggi anche lo smartphone. Sono questi strumenti digitali che consentono di tenere in vita amicizie, che consentono dialoghi a distanza, che permettono il confronto in gruppo. Tranquilli. La scuola ha il suo spazio nel cuore dei ragazzi. Anzi, talvolta questi nostri figli digitalizzati sono dei veri incompresi.

Dentro di loro si nascondono delle potenzialità da far emergere proprio con la tecnologia. Man mano che passano gli anni ci si accorge che si abbassa sempre di più la soglia di età dei ragazzi in grado di ben utilizzare un computer e oggi un tablet iPad. Cominciano da piccoli. L’industria dei giocattoli ha pensato anche a loro.

Si vendono computer giocattolo fatti apposta per i più piccoli. Alle elementari abbiamo bambini già abili nell’uso di cellulari e videofonini. La scuola media rappresenta il salto di qualità, con l’informatica materia di studio e le abilità che si affinano sempre di più.

Alle superiori siamo di fronte a dei veri mostri della tecnologia. Ogni segreto scompare e con esso scompare l’analfabetismo digitale. In tantissime aule sono entrate le lavagne interattive multimediali. Le Lim stanno cambiando il corso della storia scolastica. Le lezioni sono più interessanti, la metodologia e la didattica sono in sintonia con i tempi, il coinvolgimento è totale.

E siamo solo agli inizi! Indietro non si torna e questo per buona pace di chi vede in tutto questo dei rischi che comunque non si possono escludere se si usasse la tecnologia in modo sconveniente. Stiamo vivendo dei cambiamenti troppo importanti per ridurli a semplici contrapposizioni. Sono d’accordo con il prof. Sempio.

La tecnologia va vista come un aiuto alla conoscenza. Ma attenzione, alla base deve esserci sempre la sete del sapere perché «…..essi crederanno di essere conoscitori di molte cose mentre, come accade per lo più, in realtà non le sapranno». E’ il mito di Theuth e Thamus nel «Fedro» di Platone. Ho preso tra le mani un libro!

Corrado Sancilio

preside dell’Istituto “Agostino Bassi” di Lodi

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