Sono serviti dieci anni di guerra?

Domenica pomeriggio le emittenti televisive hanno condotto servizi, per ore, sulla commemorazione dell’11 Settembre. Le immagini hanno mostrato i momenti culminanti della tragedia spaventosa, il crollo delle torri, gli interventi di soccorso dei vigili del fuoco e di poliziotti che sono morti a loro volta in gran numero, la lettura dei nomi delle vittime da parte dei familiari o dei conoscenti; la grande fontana realizzata sul luogo. La venuta sul luogo del disastro dei personaggi politici di ieri e di oggi.Obama ha letto alcuni versetti del salmo 45/46, Giuliani (Sindaco in quel giorno) ha letto le prime battute del cap. 3 del Libro Biblico di Qoelet. Anche gli altri hanno implorato la protesione del Signore Dio. Un modo di commemorare, per noi italiani, non familiare: Dio, nei personaggi politici, se c’è è nascosto nel profondo della coscienza. Anche i reporter e i giornalisti là presenti questo aspetto non lo hanno messo in evidenza.I commenti e gli interrogativi: infiniti! L’America dopo l’11 Settembre, il suo combattere il terrorismo, le posizioni strategiche nel pianeta, gli sviluppi economici, i rimbalzi nei campi della tecnologia di portata bellica… I rapporti col nuovo mondo dei grandi Paesi emergenti: Cina, India, Brasile. Le prospettive di relazioni con il variegato “mondo arabo-musulmano”… in primavera… E’ questo uno dei punti, se non il primo, sul quale portare la massima attenzione. L’11 Settembre è certamente il risultato di una scelta e di un piano proveniente da quella realtà: “Al Qaeda è quaso sconfitta”, ha detto il Presidente Obama. Personalmente sono convinto che Al Qaeda è solo un segmento, non il maggiore, di quel mondo. Basta guardare con attenzione gli avvenimenti dell’Afganistan e dell’Iraq per rendersi conto che dopo 10 anni di guerra le situazioni complessive non sono molto cambiate. Gli attacchi terroristici sono continuati. I kamikaze sono numerosi e hanno avuto reclute anche tra le donne. Gli americani (e tutti gli occidentali) sono da loro considerati degli invasori che vogliono impadronirsi delle loro ricchezze e imporre i propri modelli culturali.In effetti i valori (e non solo i metodi) della democrazia che mirano ad una autentica libertà, che vorremmo si stabilissero in quei Paesi, richiedono tempi lunghi per affermarsi: è avvenuto così anche da noi. Le strade per propagarli non possono essere quelle militari ma solo quelle di una proposta che passa attraverso la razionalità e la testimonianza di Stati organizzati secondo quei valori, capaci di tradurli in una vita collettiva, in un bene comune veramente rispettoso e realizzatore per tutti i cittadini dei diritti essenziali, personali e sociali. In un mondo globalizzato, con i sistemi di comunicazione che travalicano le barriere dei confini fra gli Stati una testimonianza così è, quasi sicuramente, il metodo più realistico ed efficace per superare i conflitti latenti ed anche quelli evidenti tra “mondo occidentale” e “mondo arabo-musulmano”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA