Siamo artefici della nostra stessa rovina

Impossibile scindere la duplice storia dell’uomo e della Terra. Vanno di pari passo. Dal suo apparire essa è stata per l’uomo la sua sola ed unica casa. In essa egli ha trovato sostentamento, cibo, ricchezza, riparo. Tutto da questa terra gli è stato offerto, il più delle volte gratuitamente, per l’abbondanza delle sue risorse, che l’intervento dell’uomo ha dominato e trasformato a piacimento o secondo le sue necessità; risorse che, se ben gestite, sarebbero potute durare quasi all’infinito.A tutt’oggi la Terra rimane ancora la sola dimora per l’uomo. Non ne dispone di altre. Eppure sembra che gli stia stretta e quasi voglia disfarsene. Ha la Terra perso il suo fascino, il suo incanto, la sua bellezza? In parte sì, perché la Terra oggi è gravemente ammalata, di una malattia che lo stesso uomo dalla prima paginaSiamo arteficidella nostrastessa rovinacagionato per i tanti colpi inferti.Ogni essere del Pianeta è a conoscenza di questo stato, ma pochi sono davvero coloro che se ne preoccupano e stanno al suo capezzale cercando cure e rimedi. I più sinceri, i più veri, quelli che l’amano fin nelle viscere, sono i retti, i puri di cuore, i semplici, gli ultimi, i dimenticati, coloro che con la Terra ancora vivono un rapporto di simbiosi e di amore. Sulla ribalta una pletora di grandi soloni e di luminari si affanna, pronta ad inventarsi i rimedi più impensati ed astrusi, ma incapace di adottare terapie concrete che la aiutino ad alleviare la sua prostrazione. Soprattutto c’è la stragrande maggioranza dell’umanità che vede o non vede, finge di accorgersi e poi vive nel disinteresse, delegando sempre ad altri le soluzioni del problema, scrollandosi dalle spalle ogni responsabilità.Così nel frattempo la terra ansima, si prostra esausta e stremata e a poco a poco muore. Muore sotto il cemento, muore sotto il taglio di foreste come di semplici alberi, sotto la siccità che morde, trasformando distese verdi in deserti; muore sotto i fumi che avvolgono l’intera atmosfera, sotto i miasmi di discariche grevi di scorie di un consumismo che non demorde. La Terra muore sotto i nostri occhi indifferenti, di fronte alla nostra coscienza messa a tacere, per l’avidità del profitto, l’ingordigia del tornaconto, la cecità di un progresso raramente lungimirante; ma muore anche per l’assenza di tensioni morali, per l’oblio dei valori, le cadute di stile, per la percezione sempre più flebile della bellezza e della sacralità del Creato. Nessuno sa davvero sottrarsi ad una sottile, quanto subdola forma di rassegnazione che giustifica qualsiasi mancanza di intervento, qualsiasi presa di posizione neutra, indifferente, disinteressata.I media relazionano sovente sulle ferite inferte al Pianeta, sui colpi feroci portati all’umanità. Le immagini e le notizie arrivano non di rado come fulmini a ciel sereno, catapultano l’uomo e la sua dignità nell’abisso più cupo, generano quadri apocalittici in cui il pensiero si smarrisce impaurito. Ciò che più sconcerta è l’uso che viene fatto della verità. E’ temuta, non va svelata, bensì camuffata, oscurata, distorta. E’ con disprezzo manipolata da coloro che credono di reggere le sorti del Pianeta, di decidere del destino delle nazioni; è alterata dalla supponenza di chi sfida Dio e la Natura, da uomini senza scrupoli che tramano e operano alle spalle di un’umanità ingenua e poco accorta. Povera e stolta, questa umanità che vive in un limbo evanescente ed irresponsabile, ma anche miseri ed infami coloro che la umiliano e la raggirano, ignari della perdizione che inesorabilmente li accompagna, dell’ombra della morte che presto o tardi su di loro improvvisa calerà la sua scure.L’uomo da sempre si agita per essere artefice del proprio destino, ma mai come ora si muove per essere anche artefice della sua stessa rovina; e se dal sorger della vita eterno si perpetra il conflitto fra il Bene e il Male, fra il pensiero e la sua follia, oggi prevale la percezione che quanti si agitano sul palcoscenico del mondo siano irrimediabilmente giunti ad un punto di non ritorno.

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