Si può uscire dal medioevo: ecco una bella notizia

Non c’è - come pensano alcuni - solo un Islam che uccide. Anzi, quello che uccide non è affatto il vero Islam, ma un surrogato ad uso di gente senza scrupoli che utilizza il mezzo religioso per i suoi fini criminali. Come del resto, molto di quello che vediamo intorno a noi - e che spesso ci vede protagonisti - non è il vero cristianesimo, ma una facciata religiosa ad uso di manipolazioni di tutti i generi.Eppure, il vero Islam fatica ad uscire, impelagato in secoli di connivenza con il potere civile (così come in parte lo siamo anche noi fin dal secolo IV, da quell’Editto dell’imperatore Teodosio che tra le altre cose puniva con la pena di morte quanti professavano fedi diverse da quella cristiana). L’Islam della vera fede e dei valori ha bisogno di profeti coraggiosi che lo aiutino a depurarsi delle scorie materiali e ritrovare l’intuizione originaria.Un passo in avanti nella purificazione della fede musulmana mi sembra sia avvenuto (nel completo silenzio dei mass media, impegnati piuttosto ad amplificare gli aspetti che dividono) verso la fine di gennaio scorso a Marrakesh in Marocco. Duecentocinquanta autorità del mondo religioso, accademico e politico provenienti da 120 Nazioni si sono riunite per discutere tra loro e poi redigere un documento che riaffermasse la necessità per i Paesi a maggioranza musulmana di proteggere le minoranze e garantire loro cittadinanza e diritti. Che lo dicano uomini saggi isolati, voci fuori dal coro che pagano spesso con la vita questo coraggio, è un conto; che lo dicano le più alte autorità, sotto l’egida dei Re di due degli stati musulmani più autorevoli, Marocco e Giordania, nonché degli Emirati Arabi Uniti, è un altro.La Dichiarazione, varata con i più autorevoli crismi, vuole orientare le Costituzioni dei Paesi musulmani, e per questo è molto attenta ai termini usati. Mi sembrano quattro i passi avanti più espliciti:1. Appoggiarsi sulla “cittadinanza” e non più sulla “religione”, nell’esplicito intento di combattere fanatismi e degenerazioni che sempre più compromettono la figura dell’Islam nel mondo. La chiave è trovare una “parola comune” che garantisca, ben oltre la tolleranza e il rispetto reciproco, la piena protezione ai diritti e alle libertà di tutti i gruppi religiosi, in un’ottica civile “che rifugga la coercizione, il biasimo e l’arroganza” (le parole non sono messe a caso: è il modo di fare di una religione che ancor oggi non sa distinguere i piani politico e spirituale). Un invito messo nero su bianco, mirato alla classe intellettuale per sviluppare una giurisprudenza fondata sul concetto di ‘cittadinanza’, che sia inclusivo dei diversi gruppi. Questa giurisprudenza deve essere sì radicata nella tradizione islamica ma anche - grande novità - nei principi e negli elementi frutto dei cambiamenti globali.2. Incidere sui programmi e percorsi formativi affinché scompaiano tutte le possibili incomprensioni che possano fomentare estremismi, guerra e minino le basi della società islamica. Il cambiamento non è soltanto questione di legislatori, ma anche di famiglie, insegnanti e educatori, che mirino a promuovere il dialogo e la comprensione nelle nuove generazioni.3. Dichiarare (finalmente!) che i documenti universali del comune convivere, quali la Carta delle Nazioni Unite e i relativi documenti, in primis la Dichiarazione universale dei diritti umani, non sono in contrasto con la Carta di Medina, documento fondativo della religione musulmana, emanato dallo stesso Maometto, che garantiva libertà religiosa per tutte le rappresentanze etnico-religiose del luogo, a dispetto della fede professata. Con particolare sottolineatura per la libertà di movimento, il diritto alla proprietà, la solidarietà reciproca e la difesa, così come per i principi di giustizia ed eguaglianza davanti alla legge.4. Stigmatizzare l’uso della violenza e della lotta armata come mezzo per dirimere i conflitti e imporre il proprio punto di vista. Utilizzando un termine stuzzicante, la “reciproca amnesia”, si invitano i vari gruppi religiosi a riandare ai secoli di unione e di vita comune sulla stessa terra, per ricostruire gli aspetti positivi del passato, rilanciando la tradizione di convivialità, ripristinando la fiducia reciproca erosa da estremisti che compiono atti di aggressione e di terrore. La Dichiarazione termina con un invito ed una solenne affermazione-promessa: si esortano i rappresentanti delle varie religioni, sette e denominazioni a contrastare tutte le forme di fanatismo religioso, diffamazione e denigrazione di ciò che le persone ritengono sacro, così come tutti i discorsi che promuovono odio e fanatismo; si ribadisce che è inconcepibile usare la religione allo scopo di aggredire i diritti delle minoranze religiose nelle nazioni musulmane.Nel suo messaggio alla Conferenza di Marrakesh, mons. Sako, patriarca cattolico dell’Iraq, segnalava con molta fermezza e precisione i limiti che non solo nel diritto ma anche nella prassi amministrativa e giudiziaria, nonché nel costume, i cristiani e le altre minoranze incontrano in quel Paese nella loro vita di ogni giorno. E sulla base di tali esempi chiedeva ai musulmani di buona volontà di porre rimedio con un impegno puntuale ad ogni livello alle discriminazioni di cui i non-musulmani sono oggetto nei Paesi a maggioranza islamica. Sembra proprio che il suo appello, almeno formalmente, sia stato accolto.Non sarà forse un cambiamento epocale (bisogna vedere come i governi e le popolazioni dei Paesi a maggioranza musulmana reagiranno alle novità), ma in un tempo di chiusure, di costruzione di muri e di abbattimento di ponti (vedi una recente battuta di Papa Francesco), questa può essere veramente una bella notizia!

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