Si diffonderà una nuova forma di lavoro

Il Parlamento italiano ha da poco votato la prima legge sullo smart working. A prescindere dai contenuti, sicuramente migliorabili, l’approvazione è un segnale dei processi di cambiamento in atto nel mondo lavorativo. Lo smart work, traducibile con lavoro agile, introduce un concetto diverso di lavoro dipendente che va approfondito e compreso, perché se preso nella sua interezza cambia i criteri di valutazione che si utilizzano normalmente: tempo e spazio. Il classico cartellino da timbrare all’entrata e l’uscita, il rispetto della “postazione lavorativa”, la presenza in una specifica sede evidenzia sono stati e sono tuttora i parametri che ormai dal 1800 caratterizzano le organizzazioni di industrie, aziende e uffici. Sono parametri che ruotano sui concetti fisici di spazio e tempo, appunto. All’interno di questo quadro un operaio o un impiegato è pagato innanzitutto sulla base delle ore di presenza. Alcuni lavori così rimarranno ancora.Ma cosa succede quando l’ambiente fisico non è più indispensabile?Con l’ingresso delle nuove tecnologie digitali molti dei compiti che richiedevano la presenza fisica in un luogo possono ora essere svolti anche a distanza. Così la realtà ha iniziato a organizzarsi in modo differente. E ci sono alcune grandi imprese che hanno incominciato a concedere il permesso ad alcuni loro dipendenti di lavorare da “remoto”. La minore presenza nelle sedi lavorative comporta due vantaggi: da una parte le aziende consumano meno (energia, buoni pasto, allestimento spazi e così via); dall’altra, le persone eliminano tempi per gli spostamenti e possono organizzare il lavoro all’interno delle loro giornate. Come si legge proprio nell’introduzione del disegno di legge sul lavoro agile, si tratta di favorire la maggiore competitività con una migliore conciliazione dei tempi.Tra poco, quando la nuova legge 2233 del 2017 sarà in vigore, lo smart working troverà maggiore diffusione. Nel nuovo quadro normativo si garantisce la parità di trattamento economico a pari livello tra chi usufruirà del lavoro agile e chi manterrà il lavoro tradizionale, e, contestualmente, si fissano dei limiti perché il lavoro al di fuori dell’azienda non invada completamente la vita personale.Però il successo di questa nuova forma di lavoro dipenderà molto dalla capacità di innovare la cultura organizzativa delle aziende, perché in tanti casi la presenza fisica è considerata uno strumento di controllo del lavoratore. In una nuova forma il controllo sarà indirizzato sugli obiettivi, sugli stati di avanzamento di un progetto. Nel lavoro agile sarà la “sostanza” dell’opera a essere messa in primo piano, piuttosto che il tempo impiegato per compierlo. Questo andrà capito in primo luogo da quelli che dirigono i lavori, perché dovranno dettare ritmi e verificare le tappe, più che osservare se l’operaio è alla catena di montaggio. Nella cultura aziendale un’altra dimensione organizzativa da considerare sarà la scansione dei tempi, che prevederà processi lavorativi dove ci sono momenti di presenza alternati a momenti di assenza.Ci sono molte potenzialità, ma anche pericoli. Ad esempio la possibilità di un invasivo controllo dell’azienda sui movimenti di un suo dipendente, oppure la maggiore frammentazione delle relazioni all’interno di una struttura produttiva. Tutti questi e tanti altri vanno affrontati subito, così da non subire le innovazioni ma volgerle a vantaggio dell’uomo e della donna che lavorano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA