Senti, Ponzio, ma ti ricordi del Nazareno?

Di quei dieci anni passati in terra di Palestina, il procuratore romano Ponzio Pilato deve aver salvato molto poco. La sua carriera era entrata in un vicolo cieco. Si era impaludato lì, in quelle terre poco onorevoli, da pochi decenni aggregate ai possedimenti dell’Impero. Poco oltre, l’ultima frontiera: quel mondo orientale che rappresenterà sempre per Roma il vallo invincibile, il limite massimo per l’espansione di un sogno che voleva dilagare nel mondo intero. Ma Pilato sapeva bene che quel confine non gli avrebbe procurato grane. In tutti gli anni della sua amministrazione mai un campanello d’allarme che inquietasse più del dovuto: il timore di un’invasione che replicasse le gesta degli eserciti persiani che si erano gettati, secoli prima, nella conquista dell’occidente. Più nessun sovrano delle terre di Mesopotamia si era fatto ingolosire dalla conquista del mare Mediterraneo. Così i veri nemici di Pilato non bivaccavano fuori dai confini dell’Impero, ma stavano tutti al suo interno. Quel territorio di Palestina, annesso alla più grande provincia di Siria, era un rebus di questioni politiche e religiose cui i romani più di una volta non troveranno il bandolo. In Palestina si incastrava un puzzle di potentati minori: sopravvivevano alcuni re fantoccio, che i romani tolleravano perché ausiliari alla loro politica, e soprattutto un’afosissima piramide di curiali e di sacerdoti che si assottigliava, al suo vertice superiore, nell’aristocrazia del tempio. Pilato si abituò ad aver a che fare con quella gente senza andare troppo per il sottile. Alla romana, potremmo dire. Cioè con una dose di pragmatismo e di sano spirito laico che sfrondava senza troppi problemi un ginepraio di questioni che i romani ritenevano assolutamente inutili. Non si fece scrupoli a collocare l’immagine degli dei civili nel tempio di Gerusalemme, provocando la reazione sdegnata dell’intera nazione d’Israele. Come non si fece problemi a sottrarre dai forzieri del tempio la quantità di denaro necessaria per completare l’acquedotto che avrebbe abbeverato la città santa. Anche qui, più di un nemico gli giurò vendetta. Le poche pagine di storia che Pilato conquistò alla celebrazione della sua figura parlano tutte in maniera univoca. Non era un debole e, se c’era bisogno, passava volentieri alle maniere spicce. Come quella volta che soffocò nel sangue una rivolta in terra di Samaria. Uomo tanto feroce, che perfino i suoi superiori romani ad un certo punto si stufarono di lui, prospettandogli un pensionamento anticipato, che lui andò a godersi in terra di Gallia. Gesù fu la sua fortuna. Perché Pilato sarebbe facilmente svaporato nella memoria degli uomini, carneade, comparsa d’infimo livello: uno dei tanti oscuri funzionari locali che hanno oliato la complessa macchina del grande Impero. E invece il suo nome risuona da secoli, in tutte le chiese cristiane, in tutti i territori del mondo. Onore che non è spettato in sorte a nessun imperatore romano: “Fu crocifisso sotto Ponzio Pilato”. Nei giorni della passione il suo comportamento è in strana distonia rispetto all’immagine che gli storici si sono fatti di lui. Tentennante, timoroso di prendere una decisione che contraddice l’opinione pubblica, lui che aveva sempre amato remare controcorrente. Pilato è succube del sinedrio, della folla, e certamente anche della persona di Gesù. Non gli riesce di trovare una scappatoia per salvare quello strano personaggio che lo inquieta, e la cui anima innocente stride in quel mondo di malelingue e di aguzzini. Farà fortuna perfino nella letteratura. E tra tutti i medaglioni che gli scrittori gli hanno consacrato, ce n’è uno davvero bello, opera del francese Anatole France. S’intitola “Il procuratore della Giudea”. Narra la vicenda di Pilato ormai anziano, che ricorda con amarezza gli anni passati in Palestina, di quella gente riottosa che lui non è riuscito a romanizzare. Finché un vecchio amico gli chiede di Gesù, e di tutte le dicerie che circolano sul suo conto.“Ponzio, ti ricordi di Gesù il Nazareno che fu crocifisso non so più per quale delitto? Ponzio Pilato aggrottò le sopracciglia, si portò la mano alla fronte come chi vuole ritrovare un ricordo. Poi, dopo qualche istante di silenzio: Gesù – mormorò –, Gesù il Nazareno? No, non ricordo”.

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