Se a trent’anni non sei ancora indipendente

È stato pubblicato a maggio il Rapporto Giovani 2017 dell’Istituto Toniolo, giunto alla quarta edizione. Il lavoro di ricerca, a partire dal 2013, costituisce la più estesa e approfondita indagine empirica sulla condizione giovanile in ambito nazionale. Il volume offre uno spaccato interessante della vita dei cosiddetti Millennials, ragazzi nati alla fine del secolo scorso, oggi tra i 18 e i 35 anni. Tanti i temi approfonditi: lavoro, scuola, Neet, web e social network, atteggiamento nei confronti dell’Europa. Un approfondimento interessante riguarda il lungo e travagliato percorso di transizione alla vita adulta. Il Rapporto evidenzia che la generazione dei nati tra gli anni Sessanta e Ottanta ha scelto di rinviare l’uscita dalla casa dei genitori e la costituzione di una propria famiglia, mentre la generazione successiva ha consolidato il trend dell’uscita tardiva, ma più per effetto di difficoltà ambientali oggettive che per scelta.Tale lettura è frutto di uno studio longitudinale (su un campione di oltre 6 mila giovani, intervistati a più riprese a distanza di tempo), da cui emerge che i giovani italiani si differenziano rispetto ai loro coetanei europei non tanto in termini di sogni e prospettive, quanto per ciò che poi riescono a realizzare. Infatti, mentre in Europa la maggioranza dei figli lascia la casa di origine prima dei 25anni, in Italia lo si fa mediamente intorno ai 30 anni. Questo, però, non perché lo si voglia. Oltre il 90%dei ragazzi italiani ritiene, infatti, che sia auspicabile uscire di casa prima dei 30 anni; oltre la metà afferma che sarebbe bene farlo prima dei 25 anni. E oltre il 60% dei ragazzi è a favore di una maternità prima dei 30 anni (solo il 6,5% indica come età ideale i 35 anni). Alla domanda “se tu non avessi costrizioni o impedimenti di alcun genere, quanti figli vorresti avere?”, la media delle risposte è 2,18; alla domanda “realisticamente quanti figli prevedi di avere in tutto il corso della tua vita?”, la media delle risposte è 1,70. Se i giovani potessero realizzare quanto desiderano avremmo in Italia – scrivono i ricercatori del Toniolo – una fecondità paragonabile al resto d’Europa e non in deficit rispetto al rimpiazzo generazionale.Mediante un’analisi multivariata è stato possibile individuare le cause del gap tra intenzioni e realizzazioni. Coloro che sono costretti a rivedere i propri obiettivi sono soprattutto i giovani con posizioni occupazionali incerte, o che vivono in regioni meno avanzate in termini di welfare e opportunità.Tra i principali motivi che hanno ostacolato l’uscita dalla famiglia di origine, figurano in primo luogo il lavoro e la condizione economica (insieme, rappresentano per oltre il 70% degli intervistati un elemento che ha pesato “molto” o “abbastanza”). Anche tra i lavoratori a tempo determinato, l’81%ritiene la propria situazione economica una causa rilevante nel vanificare le aspirazioni di autonomia; il dato si accentua, ovviamente, tra i Neet. Rispetto alla nascita del primo figlio, le difficoltà si concentrano su aspetti abitativi, lavoro e situazione economica (con valori sopra il 60%). Anche in questo caso i più sfavoriti sono i Neet e i lavoratori a tempo determinato (rispetto ai lavoratori autonomi e a quelli con contratti a tempo indeterminato).Le scarse opportunità occupazionali (disoccupazione, precarietà, basse remunerazioni) stanno quindi impedendo ai giovani italiani di costruirsi un futuro, costringendoli a posticipare le tappe che connotano l’età adulta e la maturità (autonomia economica, uscita dalla casa di origine, acquisto di una casa, creazione di un nuovo nucleo familiare, genitorialità).Alla soglia dei 30 anni non ci si può più, per questioni anagrafiche, definire giovani. Ma al tempo stesso non si è adulti, se si è lontani dall’autonomia e dall’indipendenza economica e familiare. Spiega Alessandro Rosina, coordinatore del Rapporto: «I ventenni Neet si stanno trasformando in trentenni Nyna (Not Young and Not Adult). Ma sprecando capacità e vitalità dei trentenni, il paese non può crescere».

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