Se offendi un docente rischi la galera

«Tutto è perduto fuorché l’onore». E’ passata alla storia questa frase pronunciata da Francesco I, re di Francia, rinchiuso come prigioniero nella torre di Guado a Pizzighettone dopo la pesante sconfitta subita alle porte di Pavia. Chissà se questa stessa frase sia stata pronunciata anche dalla docente della scuola media «Fattori» di Rosignano Solvay, un comune alle porte di Livorno, il giorno in cui è venuta a conoscenza della sentenza della Cassazione n° 15367 del 3 aprile scorso che ha condannato una mamma colpevole di aver rivolto una frase offensiva nei suoi confronti durante il colloquio a scuola. Dunque rivolgersi ad un insegnante in maniera offensiva nell’esercizio delle sue funzioni si configura come un reato penale in quanto lede l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale. E’ proprio il caso di dire: care mamme, attente a non esagerare nell’uscire fuori dai gangheri, lanciando improperi contro un insegnante, perché oggi si rischia grosso. Quando è troppo, è troppo. Questo vale anche per il solito preside convinto di ritenersi libero di esprimersi, anche in maniera offensiva, nei confronti di un qualsiasi dipendente. Ebbene anche in questo caso non mancano i chiarimenti della Suprema Corte. Frasi ingiuriose o offensive se proferite contro un dipendente in un ambiente di lavoro alla presenza di più persone, possono essere motivo di condanna penale. Che ad insultare, quindi, sia un genitore, un dipendente o un preside non cambia la sostanza della questione che rimane comunque un esempio poco edificante quando di mezzo ci sono certi valori educativi. Alla base di tutto c’è l’onore di una persona da difendere. Non fa differenza se ad essere condannato, in fin dei conti, sia un preside o un docente, un genitore o un dipendente, ciò che lascia tutti con la tristezza nel cuore è sapere che un adulto pronto a punire un ragazzo per frasi ingiuriose o parolacce proferite senza ritegno, possa ritenersi esente da osservazioni o da condanne per essere caduto nel medesimo errore. E invece bisogna essere coerenti fino in fondo. Quando in ballo ci sono valori e regole indiscutibilmente necessari per una rispettosa convivenza civile, a prevalere deve esserci la convinzione da parte di tutti che questi valori non possono essere sacrificati sull’altare pagano della normalizzazione. Nossignore. Non è normale che un genitore offenda un docente durante un colloquio a causa di un cattivo voto ottenuto dal proprio figlio; non è normale che un preside offenda un docente o un qualsiasi dipendente impegnato nell’espletamento delle sue funzioni, alla presenza di diversi altri colleghi, per aver espresso contrarietà a un pensiero oggetto di riflessione. Lasciar perdere significa pagare un prezzo troppo alto ai fini educativi. Dobbiamo tutti rivedere necessariamente certi atteggiamenti alquanto discutibili che soprattutto in questi ultimi tempi hanno stravolto rapporti e relazioni tra persone, hanno determinato un nuovo modo di concepire il pensiero slegato da vincoli morali che rischiano di banalizzare ogni aspetto della vita. E’ pur vero che i toni concitati durante una discussione possono facilmente sfociare in frasi pesanti e offensive fino a trovare quasi una ragion d’essere strettamente legata all’iniqua condizione. Già è di per sé faticoso educare i ragazzi al rispetto reciproco che tuttavia rientra come obiettivo primario della scuola. Se a questo aggiungiamo la difficoltà di farsi comprendere dai genitori quanto sbagliato sia difendere i propri figli in ogni circostanza e per ogni evenienza, anche quando sono indifendibili, allora perché meravigliarsi se certi colloqui finiscono tra toni concitati, minacce, paroloni e talvolta anche oltre. Maggiore è la tensione che si crea durante il colloquio, maggiore sarà la preoccupazione di vedere il colloquio destinato a sfociare in un match dall’esito imprevedibile. Ciò non può mai trovare giustificazione perché in simili circostanze ad essere messo in discussione è l’onore e il decoro di una persona. Dunque è bene che i genitori facciano attenzione quando si è impegnati in un colloquio con un docente. Di solito io consiglio alle mamme che amano parlare senza freni inibitori con un tono di voce fuori ordinanza, dimenticando la delicatezza delle corde vocali, di portarsi un bicchiere d’acqua nella borsetta a cui ricorrere quando si è alterate o in alternativa di contare fino a dieci (ma anche fino a venti se necessario) prima di lasciarsi andare a libere riflessioni proferite senza alcun controllo, dimenticando le pesanti conseguenze a cui si rischia di andare incontro. E’ pur vero che oggigiorno scambiarsi ingiurie e offese sia diventato uno sport nazionalpopolare. Avviene in molti ambienti, ma anche in diverse circostanze. Tra i luoghi causa di alterchi, la scuola occupa il primo posto, seguono il condominio, il bar e l’ufficio postale dove sono poco amati i furbetti salta coda. Mentre tra le circostanze salta nervi la più accreditata è lo scambio di amorevoli apprezzamenti a cui gli automobilisti sono soliti ricorrere per chiarire le idee. E’ una situazione ottimale dove il livello di offese e ingiurie raggiunge un alto indice di gradimento convinti come si è che raggiunta la linea di demarcazione di massima allerta ci si affida alla cilindrata della macchina per far perdere le proprie tracce. Gli automobilisti amano molto affidarsi a gesti per trasmettere o comunicare un pensiero. E bisogna ammettere che l’aiuto del dito medio chiarisce ogni difficile interlocuzione. Per Seneca «se l’ingiuria è più grave per natura, l’offesa è più leggera, non danneggia gli uomini, ma li affligge». Su questo, evidentemente, i giudici del Palazzaccio non sono d’accordo. Offese o ingiurie, condite con discutibili contumelie, rivolte a un insegnante durante la sua permanenza a scuola, comporta una pena pesante (si parla anche di galera) in quanto intese come oltraggio a un pubblico ufficiale. I colloqui didattici sono un momento delicato dove si scontrano convinzioni divise e separate da diversi punti di vista che trovano nella parentela del genitore e nella professionalità del docente, l’apice di un confronto che se non tenuto basso e rispettoso delle parti, può sfociare in un pericoloso scontro. Cerchiamo tutti di rendere facile e meno teso un rapporto difficile e carico di tensioni. E’ meglio per tutti.

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