Se i veleni inquinano gli animi

Chi giungesse oggi a Taranto, sarebbe impressionato dalle infinite tonalità di blu declinate tra cielo e mare. Il castello aragonese, uno tra i monumenti più visitati della Puglia insieme al museo archeologico, splende proteso a difesa della città vecchia illuminata dal sole. I versi dei gabbiani e dei rondoni risuonano sul lungomare. Tutto bene? No!Che la città sia stata per anni e anni oltraggiata in nome del profitto è un dato di fatto. Da mesi abbiamo a disposizione dati incontrovertibili che denunciano le ricadute sulla salute dei residenti - tanto più sensibili quanto più le abitazioni sono vicine allo stabilimento siderurgico dell’Ilva -, numeri che hanno certificato ciò che i medici tarantini avevano intuito da tempo. Il ministro della Salute del governo Monti, Renato Balduzzi, venne a Taranto a illustrare lo Studio Sentieri dal quale si evinceva tutta la gravità della situazione e, anche davanti al nostro vescovo Filippo Santoro, prese l’impegno di garantire risorse da destinare alla prevenzione e alla cura dei tumori la cui incidenza risultava più alta che altrove.La magistratura, d’altro canto, ha evidenziato l’atteggiamento della proprietà dell’Ilva la quale, oltre che a destinare apposite risorse alla corruzione di amministratori locali e organi d’informazione - come confermano le recenti evoluzioni delle indagini - non solo nascondeva profitti in paradisi fiscali, ma utilizzava per altri fini i fondi che avrebbe dovuto destinare al risanamento dello stabilimento e alla messa in sicurezza dei lavoratori. Lavoratori che hanno continuato a morire e a subire incidenti.Avevamo salutato l’emanazione dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, da parte del ministro dell’Ambiente Corrado Clini, seppur con qualche piccola riserva, con la fiducia di cui sentivamo un forte bisogno. Finalmente impegni stringenti tesi all’ambizioso obiettivo di conciliare due diritti inalienabili: quello alla salute e quello al lavoro. E proprio in virtù dell’Aia, a seguito delle valutazioni dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, al quale spetta la competenza della contestazione dell’infrazione, sono emersi tutti i ritardi e le omissioni che hanno portato al commissariamento che, allo stato dell’arte, è una scelta inevitabile per compiere il percorso da tutti e da troppo tempo auspicato.Ci auguriamo che con il nuovo Decreto che prevede il commissariamento dell’azienda non vengano allentate le misure previste dall’Aia ma che, anzi, dove necessario, vengano fissati tempi certi per alcuni interventi fondamentali per ridurre l’impatto delle emissioni, e che il neo-ministro Flavio Zanonato adegui le risorse necessarie alla realizzazione degli interventi previsti a quanto stimato dal ministro Clini, che parlò di almeno 4 miliardi di euro a fronte dell’1,5 ipotizzato dall’attuale collega. Ci auguriamo altresì, che i limiti alle emissioni fissati dalla regione Puglia, più stringenti di quelli previsti dalle norme nazionali, rientrino nel Decreto.Come non comprendere la sfiducia di una popolazione che è stata tradita tante volte? Che ha visto svendere la propria salute per trenta denari? Che ha delegato amministratori che sono scesi a patti con degli imprenditori che frodavano Taranto e l’Italia intera?Oltre a quelli che hanno inquinato cielo e mare, c’è un altro veleno che è frutto di quel che è accaduto. È quello che ha avvelenato le relazioni tra i cittadini e che produce attacchi strumentali e, a volte, violenti contro chi ha posizioni meno radicali ed è disposto ad assumersi la fatica dell’approfondimento e della proposta ragionata e possibile, quella che non sacrifichi la salute di un solo uomo e il lavoro di un solo operaio, disposti, ancora una volta, ad assumersi la responsabilità della speranza.Bene, noi siamo tra quelli. E l’azzurra bellezza del cielo e del mare in un giorno di giugno rinsalda la speranza.

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