Se cadono le barriere legislative

Analizzare, interrogarsi, valutare, comprendere, proporre, obiettare, anche con fermezza e con spirito costruttivo. Di fronte al diffondersi, nel mondo e in specie in Europa, di legislazioni nazionali favorevoli al riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso, gli atteggiamenti da assumere devono, per forza di cose, essere molteplici. Perché se anche Germania e Regno Unito - due grandi Paesi europei in cui la presenza politica di forze moderate o conservatrici è forse maggioritaria (detenendo comunque responsabilità di governo), e dove la presenza dei cristiani delle diverse confessioni è tuttora significativa - imboccano la strada dei matrimoni omosessuali, risulta evidente che le trasformazioni in atto nel vecchio continente sono più rapide e profonde di quanto non si sia finora pensato. Si tratti di trasformazioni del costume e della mentalità diffusa, oppure del patrimonio valoriale dei popoli, della cultura e della società e - di conseguenza - della politica, queste tendono a fare pressioni sempre più consistenti, tante volte sostenute dai mass media, sulle Assemblee legislative e perciò sulle norme che, solo fino a una decina di anni or sono, non contemplavano disposizioni in materia di unioni omosessuali. Così è accaduto che proprio nell’ultimo decennio, con una strana accelerazione dal 2010, Spagna e Francia, poi Regno Unito e ora la Germania, si siano poste il problema di dare riconoscimento legale - oltre che una doverosa protezione contro ogni forma di discriminazione - alle coppie gay. Questi quattro grandi Stati europei si vanno ad aggiungere a Paesi Bassi, Belgio, Portogallo e a tutti gli Scandinavi, che già da tempo hanno deciso, pur con normative differenti, di creare un quadro giuridico per i matrimoni omosessuali, per lo più parificandoli a quelli etero e talvolta giungendo a definire persino le adozioni e addirittura il diritto alla procreazione assistita a “genitori” dello stesso sesso. In altri Stati sono state approvate leggi che riconoscono diritti e prerogative alle coppie costituite da due donne o da due uomini quali “unioni di fatto”. Se questa è la situazione attuale, non sono da escludersi ulteriori spinte in tale direzione, che già avanzano in nazioni finora estranee al riconoscimento del matrimonio gay: fra queste c’è l’Italia. Mutamenti così profondi del costume individuale e pubblico stanno già interrogando l’opinione pubblica più avvertita; ugualmente le Chiese, e particolarmente la Chiesa cattolica, si chiedono quali siano le radici delle citate “trasformazioni” e, non di meno, i possibili scenari futuri, che hanno a che fare con l’umano, con le coscienze delle persone, con i comportamenti in campo affettivo, con i principi etici e religiosi, con il senso del “generare”, con il valore naturale e storico della famiglia. Qualcuno ha sostenuto che la via intrapresa da Berlino e Londra, dopo Parigi e Madrid, fa cadere le penultime “barriere legislative” in Europa rispetto alla tutela del matrimonio tra una donna e un uomo e della famiglia stessa. Di più: la strada che stanno imboccando i diversi sistemi legislativi richiede risposte ancora più convincenti e - per questo - condivisibili proprio sul versante antropologico, valoriale, educativo e sociale. E come la Chiesa cattolica, “esperta in umanità”, si sta impegnando in tale direzione, così dovrebbero fare, seriamente, in spirito di verità, di libertà, di rispetto altrui, tutte le agenzie educative, le famiglie in primis, la scuola, gli ambienti della cultura e dell’informazione, le realtà vive della società civile e, ovviamente, il mondo politico. Del resto ci sono in gioco la delicatissima e preziosa sfera affettiva e sessuale - tanto delle persone etero che omosessuali - e, non di meno, la tutela e promozione della famiglia quale ambiente primo e naturale della vita umana, il significato che questa (costituita dai coniugi e aperta all’accoglienza dei figli) ha assunto nella storia dell’umanità, nel diritto pubblico e privato, nel pensiero comune, considerate anche le oggettive diversità presenti, ieri come oggi, nei vari Paesi europei ed extraeuropei. È un dibattito che va intrapreso e condotto con serenità di giudizio, con attenzione, con metodo, evitando ogni forma di “fuga in avanti” e le soluzioni legislative affrettate, imposte da variabili maggioranze parlamentari, le quali, anziché rispondere a esigenze reali, tenderebbero a chiudere, nel peggiore dei modi, il necessario confronto democratico.

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