Se anche la casa entra in gioco

Come tradizione di fine anno la Banca d’Italia ha diffuso i dati relativi alla ricchezza delle famiglie italiane nel 2011. La ricchezza netta delle famiglie a fine 2011 era pari a 8.619 miliardi di euro che corrispondono a circa 140.000 euro pro-capite e a 350.000 euro per famiglia.Le attività reali (abitazioni, oggetti di valore, terreni, impianti e macchinari) rappresentavano il 62,8% del totale delle attività, le attività finanziarie (biglietti, depositi e risparmio postale, titoli, azioni e partecipazioni in società di capitale, fondi comuni, riserve tecniche di assicurazioni) il 37,2%. Le passività finanziarie rappresentano il 9,5% delle attività complessive ed erano pari a 900 miliardi di euro. Nel corso del 2011 la ricchezza netta complessiva ai prezzi correnti è diminuita dello 0,7%: le cause sono da ricercarsi da una diminuzione accentuata del valore delle attività finanziarie scese del 3,4% e da un aumento delle passività in parte compensate dall’aumento dell’1,3% delle attività reali. In termini reali la ricchezza netta si è ridotta del 3,4%.La ricchezza netta pari a 6.130 miliardi di euro nel 1995 è cresciuta senza interruzioni fino al 2007 quando raggiunge i 9.151 miliardi di euro; dal 2007 inizia una discesa costante fino ad arrivare a 8.619 del 2011.All’interno della ricchezza complessiva la ricchezza abitativa, pari a 3.192 miliardi nel 1995, è l’unica che sale costantemente fino al 2010 giungendo alla cifra di 5.100 miliardi; solo nel 2011 c’è un calo considerando l’inflazione;Le attività finanziarie salgono dal 1995 fino al 2006 e poi iniziano una discesa costante; la composizione ha subito forti variazioni: sono aumentate le obbligazioni private detenute dal 2,3% al 10,6% (il canale bancario ha piazzato molte obbligazioni bancarie) e le riserve tecniche di assicurazioni da quasi il 10 a oltre il 19% segno dell’attenzione delle famiglie verso i prossimi bisogni di tipo previdenziale e sanitario; di contro sono scesi i depositi bancari (dal 29 al 18%) e i titoli pubblici (dal 19 al 5%) detenuti dalle famiglie.La distribuzione della ricchezza è fortemente concentrata: nel 2010 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 9,4% della ricchezza totale, mentre il 10% più ricco ne deteneva il 45,9%. L’indice di Gini (da nome dello statistico che lo introdusse) che misura la concentrazione e che varia da 0 (minima concentrazione) a 1 (massima concentrazione) è stato pari a 0,624 nel 2010 e si mantiene stabile rispetto al 1998 quando era pari a 0,628: segno che la concentrazione seppur alta non aumenta negli anni. Tale concentrazione è notevolmente superiore allo 0,351 dell’indice di Gini misurato nel reddito familiare.La ricchezza netta rispetto al reddito disponibile è aumentata passando da un valore pari a 5,9 del 1995 al 7,7 del 2011 raggiungendo valori pari a 8 negli anni 2009 e 2010. Ciò è avvenuto per una diminuzione del reddito disponibile a partire dal 2007. Ogni individuo durante il suo ciclo di vita si procura le risorse necessarie per sopravvivere producendo reddito grazie al lavoro e ai proventi del capitale di cui è fornito. Nello stesso tempo incrementa o decrementa il suo capitale grazie al risparmio e all’andamento dei mercati immobiliari e finanziari che assegnano valore al patrimonio. Negli ultimi decenni il reddito annuo è calato, il patrimonio immobiliare è riuscito a produrre reddito e a aumentare di valore, più altalenante è stato l’apporto delle attività finanziarie che non sempre hanno apportato reddito e hanno aumentato di valore. Gli anni che ci attendono sembrano mandare segnali contrastanti: gli immobili più che apportare reddito lo consumano sia per le spese di gestione sia per la diminuzione di valore, le attività finanziarie, proseguendo il risanamento del bilancio pubblico, apporteranno redditi positivi e aumenti di valore. Il saldo sarà comunque negativo visto il forte peso degli immobili sulla ricchezza. Se la ricchezza immobiliare si manterrà statica sia nella distribuzione (in capo agli anziani piuttosto che ai giovani) sia nella gestione (appartamenti inutilizzati o sottoutilizzati ad es. 1 persona ogni 100 mq) la ricchezza accumulata non fermerà il declino del paese. Occorre un cambiamento di mentalità che consideri l’immobile un bene da mettere a reddito in mille modi non solo con l’affitto. Si pensi all’affitto come bed and breakfast con servizio di guida turistica nel proprio territorio, agli agriturismi, ai piccoli asili nido, all’assistenza di più anziani nel condominio (un attività da inventare), all’ospitalità verso i bisognosi, allo svolgimento di piccole attività artigianali: tutte soluzioni in cui il proprietario del bene deve aggiungere anche del lavoro che può essere fornito anche dai più giovani. L’Italia è un giardino ricercato dai turisti di tutto il mondo che necessità però anche del lavoro di giardinaggio e di guida.

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