Scuole chiuse e bambini con le case vuote

E anche quest’anno è andata. La scuola è finita per quasi tutti gli studenti, salvo quelli impegnati negli esami di Stato, e adesso si pone, alle famiglie, la grande questione del “come fare”? Come fare a gestire soprattutto i bambini più piccoli nelle case vuote da papà e mamma impegnati comunque a lavorare? Grande impegno per i nonni, quando ci sono. Una medaglia ai Centri ricreativi estivi (Cre) degli oratori, delle associazioni, dei Comuni... Insomma, un gran movimento. E questo gran movimento è un’altra occasione per riflettere sulle modalità di cura dei più piccoli, anche sulla necessità che vi sia una continuità con orientamenti, modi di fare e di pensare delle famiglie. In sostanza, quella che si dice continuità educativa. Non è questione da poco e rimanda una volta di più a una questione centrale dell’educazione che è la condivisione. Paulo Freire spiegava che l’educazione è questione di comunione, azione condivisa e compartecipata. L’emergenza educativa di cui continuiamo a parlare in questi tempi è propriamente emergenza nel cogliere la responsabilità condivisa, nell’avvertire la necessità di compartecipazione, nel mettere in discussione gli scenari di riferimento individuali e orientarli in modo comune. Cosa c’entra tutto questo con la fine della scuola? C’entra perché, come ricordato prima, le esigenze pratiche di cura e accudimento dei più piccoli rendono evidente come non sia possibile cavarsela da soli, secondo l’ormai consolidata prassi individualista della società contemporanea. Il problema è rendersene conto e fare un passo avanti, cioè crescere nella consapevolezza che le azioni di tanti potrebbero e dovrebbero costruire un quadro comune. Oggi si è più propensi a intendere ogni azione singolarmente, come isolata in se stessa – prima la scuola, poi il Cre, poi i nonni, poi il Comune, poi l’oratorio... –, a considerare ogni soggetto come individuo e collocando ogni cosa in un quadro prevalentemente utilitarista: tutto gira intorno al soggetto e ai suoi bisogni. Ad esempio: i genitori che lavorano hanno necessità di affidare per un certo numero di ore i minori ad altri adulti... e li lasciano ai Centri estivi. Questi finiscono per essere “supplenti”, come tanti altri soggetti che si danno da fare. Una volta si parlava di comunità educante. Comunità capace di raccogliere – per tornare alla fine della scuola – il patrimonio che viene da un anno scolastico, di relazioni importanti tra persone – i ragazzi tra di loro, con gli adulti... – e continuare un percorso che cercava di non perdere il filo. Ecco, l’auspicio per questa fine della scuola è che porti con sé un supplemento di riflessione.

Di cose, di azioni, se ne fanno già davvero tante: riscoprire il senso, riflettere e trovare nuovi orientamenti, questa è la scommessa cui affidarsi.

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