Sara sfida il terrore: «Non dobbiamo cambiare»

«Questa mattina (marredì per chi legge ndr), prima di uscire, ho ricevuto una chiamata da mia madre, preoccupata che stessi bene». È così che Sara Marmifero, per anni residente a San Donato Milanese - dove abita tutt’ora la sua famiglia - racconta di aver appreso degli attentati terroristici che hanno trafitto Bruxelles, città dove attualmente vive.

La ragazza, classe 1986, aveva scoperto la capitale belga nel corso di uno stage: sarebbe dovuta rimanere per sei mesi e invece è lì da oltre tre anni per insegnare italiano in diverse scuole di lingua. Ieri però, per ovvie ragioni, non ha potuto assolvere ai suoi impegni professionali. Come d’altronde il resto della popolazione. «Dovevo recarmi in centro per lavoro, vicino alla Grand Place, quindi ho subito cercato di capire se i mezzi funzionassero - spiega -. Tuttavia i siti web dei mezzi di trasporto erano in tilt. La metropolitana era già chiusa e ho deciso di incamminarmi a piedi. Presto però - continua - sono dovuta rientrare: vedevo polizia, pompieri e ambulanze sfrecciare a gran velocità a sirene spiegate. Il traffico era paralizzato e la gente attorno a me affrettava il passo. Così, quando mi sono accorta che ero l’unica a dirigermi verso il centro mi sono rassegnata a fare dietrofront».

A distanza di ore dalle esplosioni, la città appare ancora completamente bloccata e in uno stato confusionale. «Le autorità - dice Sara Marmifero - consigliano di stare dove si è, a casa o in ufficio». Ma la 29enne non ha alcuna intenzione di concedere spazio a caos e terrore, che si generano a fronte di tali drammi. Farà infatti la sua parte. «Ora siamo tutti sconvolti - ammette -. Tuttavia il timore più grande è che la paura spenga ciò che più amo di Bruxelles: la fiducia e la solidarietà verso il prossimo, la voglia di uscire a bersi una birra e divertirsi. Non solo domani cercherò di andare a lavorare - aggiunge -, ma già oggi voglio ritrovarmi con gli amici. Bisogna parlare, rassicurarsi a vicenda, non perdere il controllo delle nostre vite».

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