SANT’ANGELO Nella piazza dedicata a Santa Cabrini i volontari “rispondono” ai vandali

Le scritte divelte dal monumento saranno riposizionate

Questa volta le lettere saranno in resina e ne sono già pronte il doppio del necessario. «Non si sa mai - chiosa Bruno Cerri, dal 1994 instancabile anima di questo luogo ai piedi della santa - : dovessero farci qualche altro dispetto, noi siamo pronti. Le sostituiamo». Da oltre due anni, con la parentesi del Covid in mezzo, la scritta con grandi lettere in bronzo che indicava la patrona degli emigranti Madre Cabrini non è più al suo posto, sull’emiciclo che ospita anche il bassorilievo con le scene di vita. I vandali si erano accaniti in più occasioni e alla fine tutte le lettere - alte una dozzina di centimetri - erano state divelte. Ora però torneranno perché l’amore, la passione, la determinazione di chi ha adottato questo luogo è più forte. È ancora una volta teatro di una rinascita piazza XV Luglio a Sant’Angelo. Qui i volontari, oltre a rimettere al suo posto la scritta, hanno anche pensato ad altro.

«Mancava un ingresso ufficiale alla piazza e abbiamo pensato di realizzarlo, sempre chiedendo aiuto alle imprese amiche che non ci hanno mai fatto mancare il sostegno - racconta ancora Bruno, mentre mette a dimora una distesa di piccole nuove piantine nelle aiuole - : le imprese Senna Inox e Decor Graph ci hanno dato una mano, ma c’è stato anche chi ci ha realizzato il basamento della struttura».

Per la posa di una struttura in metallo con spazio per tre fioriere e anche un nuovo cartello: da un lato c’è un’immagine della santa, dall’altro una biografia in pillole, tramite date simbolo. La nascita, a due passi da qui, nella casa natale, la fondazione dell’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, l’arrivo a New York, fino alla morte a Chicago, la canonizzazione, la proclamazione come Celeste Patrona di tutti gli emigranti, prima santa degli Stati Uniti d’America. Anche la scintilla per la nascita dell’associazione Una santa per amica la si deve agli Stati Uniti.

«Erano le 7 del mattino di un giorno di aprile del 1994, ero qui al bar a bere un caffè, quando arrivò un pullman di pellegrini dagli Stati Uniti, sulle tracce di Madre Cabrini: la casa natale era chiusa da tempo, nella piazza c’erano solo la statua posata nel 1987 e il basamento, ma tutt’intorno c’era il caos, cespugli aggrovigliati, incuria. Sembrava un bosco: una signora irlandese, che si trovò a pestare la deiezione di un cane, era così disgustata dal luogo che mi colpì. Mi feriva questa cosa: due ore dopo ero in Comune, perché questa situazione doveva finire. L’architetto Beppe Roberti ci ha seguito in tutto». I volontari, che oggi hanno anche per la prima volta una convenzione con il Comune, rimisero mano alla casa natale e alla piazza, dove sognano anche di poter posizionare alcuni giochi per i piccoli, nell’angolo più riparato del parco.

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