SANT’ANGELO L’estremo saluto per Battista Amici, anima del commercio ambulante

Da tutti conosciuto in città come “Caparen”, si è spento all’età di 85 anni

Alcuni anni fa, in un’intervista rilasciata al Cittadino, aveva dichiarato con orgoglio: «Siamo stati i primi ambulanti di Sant’Angelo». Con la morte di Battista Amici, il 15 agosto, se n’è andato un pezzo della storia di questa città, che l’ha salutato per l’ultima volta martedì mattina in Basilica.

“Caparen”, questo il nome con cui tutti lo ricordano, aveva 85 anni, e per tutta la vita aveva portato avanti la tradizione di famiglia, lavorando come venditore ambulante, come aveva fatto suo nonno Vittorio, che ancora nell’Ottocento aveva dato il via a questa dinastia di venditori, cui avevano fatto seguito Giacomo, quindi Battista e, dal 2000, i suoi figli, che hanno deciso di continuare l’attività di famiglia, e che lui continuava ad assistere con la sua esperienza. D’altronde quella dei commercianti porta a porta, i “tilé” è una tradizione scavata nel Dna barasino. «Una volta si offrivano lenzuola, coperte e tovaglie – scriveva il compianto giornalista Walter Burinato, intervistando Battista Amici -. A partire dagli anni Settanta, con l’ampliarsi della produzione industriale di prodotti finiti, le offerte si ampliarono. Vittorio vendeva i pizzi, Giacomo le tele, Battista, prodotti confezionati, lenzuola e coperte, e i suoi figli vendono una gamma completa di mercanzie. In effetti, i passi compiuti nel tempo dall’evoluzione nell’abbigliamento, sono legati alla crescita del benessere fra la popolazione». Se prima si vendevano i prodotti casa per casa, confezionati con uno spago a tenere uniti i “pacchi”, nel 1991 la famiglia Amici aveva aperto un negozio in via Trieste, dove ha assistito al cambiamento del mercato, all’arrivo di una concorrenza spietata di prodotti non sempre di qualità. «C’è in giro roba di qualità inferiore – spiegava Battista -. Noi cerchiamo di proporre un prezzo competitivo, a parità di qualità, e chiediamo meno di altri esercizi». Questa la vocazione di un uomo che ha speso la sua vita per il lavoro e la famiglia, con qualche fuga in montagna. “Caparen” lascia la moglie Angela, i figli Camillo, Francesco e Vittoria, il genero Marco, le nipoti Mariacristina e Chiara. E lascia il ricordo di un tempo, in cui spesso la povertà la faceva da padrone, in cui Sant’Angelo ha saputo svilupparsi grazie a un commercio fondato sulle relazioni umane.

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