SANT’ANGELO L’appello di papà Pietro Senna per la ricerca contro le morti improvvise

La malattia aritmogena ha colpito suo figlio 12enne, salvato da un’operazione, ma ha già ucciso calciatori famosi: «Dobbiamo farcela»

«Non sappiamo come andrà, se questa cura sarà efficace oppure no, ma per noi è una speranza. Perché se anche oggi il cuore di mio figlio, 12 anni, è in sicurezza è grazie al defibrillatore impiantato di recente ma il futuro è incerto». Perché la ricerca nelle cure contro la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro faccia un deciso passo avanti serve l’aiuto di tutti.

Arriva da Sant’Angelo Lodigiano e dalla voce di Pietro Senna, papà di Riccardo, l’appello per la ricerca contro le morti improvvise. «La nostra vita è cambiata due anni fa - racconta a «Il Cittadino» - quando in una visita per la pratica sportiva, il medico di riferimento ha avuto un sospetto e ha suggerito un controllo in più». Uno scrupolo lungimirante, a cui sono seguiti altri accertamenti: risonanza magnetica cardiaca, holter, prove di sforzo, tutto affrontato a soli 10 anni dal piccolo Riccardo. «La diagnosi parlava di sospetta cardiomiopatia artimogena del ventricolo destro, una malattia genetica ereditaria generata dalla mutazione di un gene - racconta Pietro - : il medico che l’ha preso in cura inizialmente ci parlava di controlli ogni due anni, abbiamo anticipato». All’ultimo controllo la doccia gelata. «Il cuore di Riccardo andava messo subito in sicurezza, con l’impianto di un defibrillatore: avrebbe potuto avere un arresto cardiaco da un momento all’altro. La cardiomiopatia aritmogena è la causa principale di morte improvvisa nello sport. I casi più noti nel calcio sono quelli di Morosini, Puerta e Astori. Ma questa malattia nell’ 80% dei casi colpisce i giovani». L’intervento a Riccardo è stato immediato. Sabato il pre ricovero, lunedì l’impianto, ma i medici sono stati chiari: non esiste attualmente un farmaco che curi la malattia. I genitori non si sono dati per vinti e hanno iniziato a informarsi, leggere, studiare.

«Abbiamo conosciuto questa terapia sperimentale in fase di studio con una partnership tra l’Università di Padova e la British Columbia University di Vancouver. Stanno testando un farmaco che nei test sulle cellule in vitro ha dato buoni risultati, ma i fondi per la ricerca mancano». Da qui Pietro ha contattato altre famiglie che vivono lo stesso dramma e insieme chiedono l’aiuto di tutti per poter finanziare la ricerca. «Negli anni passati sono stati raccolti fondi tramite la rete di donazioni, l’associazione Geca Onlus e La stella di Lorenzo Onlus per il progetto “Beat the Beat”: ne servono altri. E serve davvero l’aiuto di tutti, ogni piccolo contributo è importante». Per donare si può visitare il sito www.retedeldono.it/progetti/la-stella-di-lorenzo/beat-the-beat.

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