Salviamo la buona

scuola

Siamo alle solite. Ministro in pectore che trovi, tradizione contro che si conferma. Alludo alla recente intervista rilasciata dall’Onorevole Silvia Chimenti responsabile scuola dei pentastellati. Un’intervista dai toni decisi e “sinistri” tanto da far pensare a una scuola tutta da rifare. Riassumiamo in sintesi il suo programma sulla scuola. Per prima cosa l’Onorevole Chimenti si dichiara pronta a ricoprire il dicastero di Viale Trastevere e una volta Ministro della Pubblica Istruzione, dichiara di far piazza pulita di alcune situazioni che ritiene ingombranti. Il primo pensiero va ai presidi che la legge 107/15 li vuole “super” e che invece l’On. Chimenti li vede come i «Demoni di San Pietroburgo». Ai presidi, infatti, toglierà la possibilità della chiamata diretta, strapperà dalle mani il “bonus” premiale e non consentirà di chiedere contributi volontari alle famiglie. Contributi ritenuti illegittimi e pertanto i presidi dovranno questuare da altre parti. E fin qui è tutto chiaro. Evidentemente all’Onorevole i presidi non sono simpatici. Può essere. Arriviamo ai docenti. Per loro cambia tutto. L’Onorevole ha in mente di immettere in ruolo tutti, sia quelli che affollano le GaE (Graduatorie ad Esaurimento) sia i docenti di seconda fascia ovvero quelli inseriti nelle GI (Graduatorie d’Istituto). Insomma un piano straordinario di immissioni in ruolo. Via, quindi, tutte le graduatorie. E questo, ne do atto, sarebbe veramente «cosa buona e giusta». Arriviamo ai contratti. Parla di rinnovare i contratti ai docenti che oramai sono bloccati dal 2007. Molto bene! Era ora. Una particolare sottolineatura viene fatta per gli edifici scolastici per i quali prevede forti stanziamenti per abbattere le barriere architettoniche, per la messa in sicurezza e la messa a norma degli edifici vetusti e fuori da ogni logica di risparmio energetico con conseguente adeguamenti antisismici. Ottimo. Non c’è che dire. Un interessante programma elettorale perché al momento non può che essere classificato come tale. Il guaio è che di programmi elettorali negli ultimi decenni la scuola ne ha sentiti parecchi senza veder poi realizzate le promesse e questo fa male alla scuola. La scuola non ha bisogno di promesse, ma di azioni concrete. Non sono, infatti, le promesse a fare effetto, perché desiderare l’impossibile allontana la gente dal concetto di credibilità. Per essere credibili non valgono le promesse, ma i fatti che a queste seguono. E purtroppo bisogna ammettere che siamo da anni abituati a sentire tante promesse che puntualmente non vengono mantenute. Quando si dice che ai presidi verranno tolti quei “poteri” dalla legge sulla «Buona Scuola» riconosciuti, può essere che ciò accada. No problem. Noi presidi siamo abituati a fare salti mortali senza reti di protezione per adeguarci alle norme che cambiano continuamente a seconda del Ministro di turno. Ma quando si dice che tutte le scuole saranno messe a norma, che tutti gli edifici scolastici fatiscenti saranno messi in sicurezza, che su tutti gli edifici scolastici si opererà con interventi antisismici, due sono le cose: o l’On. conosce qualcuno che ha scoperto come entrare a Fort Knox, le cui riserve auree sono utili a garantire e risolvere tutti i problemi strutturali delle nostre scuole, o non si ha la percezione esatta della situazione in cui versano migliaia delle nostre scuole. E ancora. Quando si dice che tutti i docenti entreranno in ruolo con un piano straordinario, questo è possibile che possa essere una promessa mantenuta, ma quando si dice che i contributi volontari che le famiglie concedono alle scuole, peraltro scaricabili dalle tasse, sono illegittimi e quindi vanno eliminati, anche in questo caso due sono le cose: o si è erroneamente convinti che le scuole son in grado di mantenersi senza gli aiuti delle famiglie, o non si ha l’esatta percezione economica in cui versano le scuole per mantenere qualitativamente alto il livello dell’offerta dei servizi ivi compresa la carta igienica. Ora se da una parte sono d’accordo che le idee guidano le azioni di chi è chiamato a ricoprire responsabilità, dall’altra sono titubante nel credere che queste siano direttamente collegate alla loro realizzazione. E mi spiego. Se uno ha determinate idee e le condivide con gli altri, vuol dire che da queste è animato e guidato, ma per renderle utili vanno rese concrete se non si vuole cadere nella trappola degli annunci. E per renderle concrete non possono più essere chiamate idee, ma azioni, realizzazioni che richiedono analisi e fattibilità. In mancanza di queste ultime caratteristiche siamo alle solite, ovvero è solo campagna elettorale. «Ottima cosa è la misura», diceva Cleobulo uno dei sette saggi dell’antica Grecia. Ma quale misura? Una qualsiasi? Se così è, allora va bene anche che si dica tutto e il contrario di tutto. Tanto non costa proprio nulla nel dire che ci sono miliardi di euro a disposizione per risolvere gli annosi problemi che affligge la scuola da decenni. E invece non bisogna mai eccedere. E questo vale sia che si tratti di comportamenti che di dee da esternare. Nell’uno e nell’altro caso viene meno la ragionevolezza che dovrebbe essere comune a tutti. Da tempo il mondo della scuola attende che l’attenzione verso essa e i suoi operatori ritrovi quel giusto livello necessario a restituire alla società credibilità e presenza formativa. Da troppo tempo ormai di scuola si sparla senza freni. Insegnati, presidi, genitori e alunni vivono una realtà che spesso finisce negli ingranaggi delle false opinioni fino a vanificare ogni aspettativa. E questo alza la sete di giustizia. Oggi la scuola vive la speranza del cambiamento, una speranza di cui non vorremmo liberarci perché tutti sappiamo quanto volubili e mobili siano oggi le certezze del cambiamento. Varata una legge, se ne annuncia già un’altra diversa e contraria. Ora non che qui si vuol cingere un terreno e dichiararlo proprietà privata, fuori di metafora non voglio dire che la legge sulla «Buona Scuola» sia da difendere ad ogni costo. Indubbiamente i ritocchi sono una prassi consolidata nel nostro sistema legislativo. Ma un conto è il ritocco migliorativo, altro è dire che tutto va buttato a mare per ricominciare daccapo. Ci sono cose necessarie al benessere pubblico e cose dannose per la società. Ebbene è necessario non perdere di vista il problema scuola, dannoso pensare a continui cambiamenti che non abbiano una razionalità.

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