Referendum e acqua pubblica

Sale la febbre referendaria, o scende, se si vuol assegnare al linguaggio una valenza relativistica. Dipende dal “sistema inerziale” di osservazione, come diceva Galileo e come, in modo ancor più acuto ed originale, ribadiva Einstein. C’è, infatti, chi, sostando in un determinato “sistema”, vuol farla salire e c’è, invece, chi, occupandone un altro, diverso, ne vuol provocare la discesa.Lasciando riposare in pace i grandi padri del pensiero scientifico moderno, proviamo ad imbastire qualche considerazione più pedestre, nel tentativo di dare un modesto contributo, al dibattito, oggettivamente moscio.Non vogliamo tornare ancora sul nucleare, per il quale, ripetutamente, ci siamo pronunciati, esprimendo pareri supportati dalla conoscenza dal senso pratico e dall’etica. Non vogliamo neppure occuparci di argomenti che sono oltre la nostra sfera conoscitiva, quale quelli riguardanti “il libero impedimento”. E’ nostro desiderio, per l’occasione, devolvere spazio ed attenzione al quesito riguardante la privatizzazione dell’acqua.Dire che stiamo parlando di un bene primario per l’uomo e per tutti gli organismi viventi può sembrare scontato e addirittura riduttivo. Costatare che un provvedimento legislativo lo voglia mercificare può apparire assurdo ed insensato, assumendo, per certi versi, i caratteri di un reato contro natura. E’ come si volesse tassare l’aria, mettendo un rotametro a valle della trachea.Già le attuali concessioni che hanno fatto proliferare il “business” delle fonti minerali, risultano criticabili sulla scorta di un’osservazione facilmente verificabile: qualcuno ci spieghi il mistero del prezzo al pubblico di un litro del prezioso liquido, compreso in un “range” ben oltre il 500% a parità di imballo. (PET). Un genere alimentare di largo consumo, prosciutto crudo o biscotto da colazione, è proposto a prezzi contenuti entro un intervallo del 50-60%. Quali virtù misconosciute può nascondere la ”Sangiovannella” venduta a 0,90 euro la bottiglia, contro la “Sangiuseppella” che ne costa 0,16? Niente che sia dichiarato in etichetta. Affidandoci alla fantasia possiamo formulare qualche ipotesi: pelle più liscia e vellutata? Caduta spontanea dei peli superflui? Scomparsa delle borse sottoculari? Sette chili in sette giorni? Inibizione della calvizie? Prestazioni “erettili” inusitate?Con simile premessa, quale ulteriore aggravio ci si dovrebbe aspettare nel momento in cui la società tal dei tali entrasse in casa nostra per installare la gettoniera accanto al rubinetto?Nei confronti di quell’ampia porzione di umanità che non ha libero accesso all’acqua potabile, il progetto di costruirvi sopra profitti ed attività mercantili, appare offensivo e beffardo. Chiedendo venia per le ironiche iperboli, non possiamo tuttavia eludere un’altra obbligatoria domanda. Perchè togliere la gestione degli acquedotti alle amministrazioni comunali o alle municipalizzate? E’ proprio vero che l’unica ragione sia quella di trasformare la distribuzione di questa fondamentale risorsa in S.p.a., con lo scopo di poterne gestire il prezzo come fosse benzina?Evitiamo le consuete distinzioni di latitudine: il problema è troppo serio per imbastirvi sopra polemiche localistiche. In una qualsiasi regione italiana i centri urbani da cinquecentomila abitanti sono serviti da più acquedotti anche extraregionali. Senza opere di manutenzione preventiva e con i poco edificanti criteri di certi pubblici amministratori, le condotte e le reti distributive, vecchie di qualche secolo (alcune forse abbozzate prima dell’unità che quest’anno si celebra), si sono trasformate in autentici colabrodo. Le perdite, durante il trasporto, possono superare anche la metà della portata a monte, ove i livelli minimi degli invasi, mal costruiti ed ancor peggio mantenuti, sono invariabilmente addebitati alla siccità. Alle erogazioni a singhiozzo, si associano poi i cosiddetti “prelievi proletari”, così come erano chiamati i furti nei primi supermercati degli anni settanta. Spregiudicati “specialisti idraulici” realizzano allacciamenti occulti, travasando la nostra acqua in autobotti per la veloce distribuzione ai privati a 10 euro al metro cubo.C’è comunque dell’altro. Con vigliacca stupidità, ignoranza, arroganza e criminale autolesionismo, operano su tutto il territorio nazionale organizzazioni per lo smaltimento di rifiuti tossici, consistente nel loro semplice, sbrigativo interramento. Non ci vuol molto a capire le cause dei ricorrenti fenomeni di inquinamento in falda. Sulla scorta di tali fatti ben noti e conclamati, può perfino apparire naturale un disegno di legge promulgato per arrestare un tale scempio, salvo poi scoprire che il rimedio è peggiore del male.Ridotti all’essenziale, sono questi i termini del contendere, ma nelle more dell’argomento, complesso ed importante come pochi immaginano, una bonaria raccomandazione, da “borghese piccolo piccolo” indirizzata ai miei condomini, può trovare amichevole angolino: l’apertura dello sciacquone oltre i dieci secondi, non manda più lontano i nostri escrementi. Tassare gli sprechi potrebbe essere opportuno oltre che educativo.E allora, il prossimo 13 giugno, andiamo a votare, ma nello stesso tempo prendiamo coscienza che l’acqua deve essere risparmiata e rispettata e a coloro che, talvolta con scarso merito, occupano gli scanni di Montecitorio e del Pirellone, chiediamo di studiare, organizzare, proporre leggi, metodi e regolamenti adatti a proteggere questo magnifico regalo di madre natura, non a venderlo al migliore offerente, spacciando l’idea come moderna ed illuminata.

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