Redditometro, sanitometro... spesometro

Settembre, andiamo. È tempo d’imparare che le tasse si devono pagare. Ora in terra d’Italia gli evasori dichiareranno tutto … ai confessori. Sì, magari fosse così. Perdonate il maldestro tentativo di dannunzieggiare (il verbo esiste!) con un “cappello” che vorrebbe rifare il verso a quello più celebre della poesia dei pastori. Il quali qui non c’entrano affatto, a meno che, anche loro, non paghino le tasse, ossia siano anch’essi evasori fiscali. C’entra, invece, il mese di settembre, mese di ritorni, generalmente dalle ferie estive, e dunque anche di ritorno alla realtà contingente e amara di tutti giorni, ivi compreso, ahimè, il Fisco. E c’entra perché proprio in questi giorni di inizio settembre il governo ha inserito nella Manovra speciali provvedimenti tali da inasprire ­– salvo emendamenti – la lotta all’evasione fiscale come prima d’ora non s’era mai visto. Perciò mettiamoci l’animo in pace: è giunto il tempo d’imparare che le tasse si devono pagare. Già, potrebbe obiettare qualcuno, imparare da chi, visto che tutt’intorno siamo circondati da cattivi maestri? Ma questo è un altro discorso.

Per tornare al discorso iniziale, ovviamente è lodevole, e da praticarsi, la pia intenzione di dichiarare tutto al confessore, però per mettersi a posto con la coscienza non basta: occorre dichiarare tutto, ma proprio tutto, al Fisco. E qui incominciano le dolenti note. Perché nel comune sentire frodare il Fisco, in concreto evadere se non totalmente almeno in parte le tasse, non è considerato peccato, anzi, di più: il problema “peccato o non peccato” è addirittura ignorato, rimosso dalla coscienza, in pratica non se lo pone nessuno. Abbiamo raccolto in proposito le testimonianze di diversi confessori, tra i quali tre padri francescani di altrettanti santuari, dove di solito si recano i peccatori più incalliti ma anche più disposti a “sciogliersi”. Ebbene, è stata la testimonianza comune, su migliaia di pentiti dei peccati più vari si contano sulle dita di una mano coloro che confessano di aver frodato il Fisco. Se qualcuno confessa, aggiunge subito dopo la pezza di giustificazione costituita da racconti di ingiustizie, torti, se non addirittura imbrogli, a suo dire subiti da parte dello Stato. Insomma una sorta di autocompensazione, un occhio per occhio, un dente per dente applicato al Fisco: tu imbrogli me, io imbroglio te. Comprenderete che con questi chiari di luna la lotta all’evasione si presenta difficile. Ora però sembra che lo Stato ci si voglia mettere di buzzo buono: si parla di monitoraggio dei conti in banca e controllo incrociato dei dati di redditometro e spesometro. Ecco, intanto i vari governi che si sono succeduti in questa sacrosanta battaglia un risultato lo hanno ottenuto. Grazie all’aiuto dei giornali hanno arricchito la lingua italiana di nuovi strumenti di misura di cui, a perenne ricordo, è rimasta traccia nei vocabolari: redditometro, ricavometro, riccometro, sanitometro. Ci siamo salvati dall’evasometro ma nessuno potrà salvarci dal più recente spesometro. Rassegniamoci a ritrovarcelo nel vocabolario.

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