Ragazzi senza regole né divieti

Se mi dovessi fermare ai contenuti di certi articoli riguardanti i nostri giovani pubblicati da vari organi di stampa in questi ultimi giorni, dovrei pensare di barricarmi in presidenza, ignorare i ragazzi e abbandonarli al loro destino. E invece sono convinto, senza nulla togliere alla realtà dei fatti, che un’attenta opera educativa portata avanti con fermezza, coerenza e correttamente combinata con i genitori, alla lunga lascia delle tracce che si riveleranno determinanti per la conseguente formazione della personalità. E’ pur vero che certi ragazzi meriterebbero qualche ceffone da capogiro come facevano una volta i nostri genitori con noi, poco inclini al dialogo, senza tuttavia cambiare alcun connotato fisico. Ma personalmente sono per il dialogo inteso come forza di persuasione. Comunque visto che la via del dialogo è da preferire per tentare di modificare certi discutibili comportamenti, cerchiamo di capire da dove cominciare per evitare che certi ragazzi da whisky, soda e rock and roll passino gioiosamente a droga, sesso e gioco d’azzardo. E non sto esagerando. Sentite le notizie di questi ultimi giorni. A Brescia sette studenti di un istituto superiore, tra cui sei minorenni, sono sotto provvedimento cautelare per spaccio di droga all’interno della loro scuola. Le indagini condotte dagli inquirenti hanno portato all’individuazione di altri tredici ragazzi inseriti nella rete di traffico di stupefacenti. A Torino durante i lavori del «Festival dei Saperi Educativi» viene reso noto l’esito di un’indagine condotta tra i giovani da cui emergerebbe drammaticamente che un adolescente su quattro è malato di sesso on-line. Vale a dire che moltissimi ragazzi passano ore e ore in internet navigando sui siti zozzi, sviluppando pericolose disfunzioni che vanno da una carenza di emozioni e sensazioni a una dissociazione corpo-mente. In sostanza questi ragazzi più che vivere una formazione di sentimenti, vivono quello che Plutarco, lanciando fiele sugli epicurei, chiama “brezze di stelle cadenti”. «I piaceri del corpo sono brezze. – scrive infatti Plutarco - La loro durata non è lunga: simili a stelle cadenti s’infiammano e subito si estinguono nella carne». Dopo di che voglio vedere come fanno a studiare! Altra tegola è il gioco on-line. Di recente il quotidiano cattolico «Avvenire» riporta dati preoccupanti su questo triste fenomeno. Quasi un ragazzo su due ancorché minorenne gioca a poker on-line e questo nonostante il timore di trovarsi invischiato in preoccupanti situazioni. Come si vede siamo di fronte a nuovi fenomeni socio-relazionali che vedono i ragazzi esposti tanto quanto gli adulti. D’accordo la realtà che vive questa generazione è molto diversa dalla realtà vissuta dalla generazione precedente, tuttavia se lasciamo soli questi ragazzi con i loro problemi dobbiamo ritenerci fortemente responsabili del loro cambiamento. In fondo cosa cercano di tutelare questi nostri baldanzosi giovanotti. La voglia di libertà. A questo punto tocca a noi spiegare che libertà non vuol dire indipendenza, non vuol dire fuggire dalle proprie responsabilità. Perché a mio avviso è questo il più grosso errore che essi commettono. Tocca a noi far capir loro che essere liberi non vuol dire sfuggire a qualsiasi tipo di controllo, agire a totale e proprio piacimento senza regole né divieti al punto da vivere la vita in piena anarchia sociale e relazionale. «La legge morale dentro di me, il cielo stellato sopra di me» ci ricorda Kant. Spieghiamo questo concetto. Tocca a noi far capir loro che il rispetto di certe regole morali e relazionali è, in fin dei conti, una condizione necessaria per evitare di inseguire, in maniera spasmodica, istinti e desideri. E qui siamo al cuore del problema. Questi ragazzi hanno bisogno di autorità riconosciuta e accettata; hanno bisogno di autorità che crea fiducia e non timore; di un’autorità in grado di offrire sicurezza e orientamento. Chissà quanti di noi, sia pure in circostanze diverse, sono stati testimoni di bambini che pur di ottenere quello che vogliono gridano, si buttano per terra, impongono la loro volontà, mettendo così in discussione il potere educativo dei genitori. Quante volte mi è toccato ricordare agli insegnanti alla prima esperienza didattica di non trascurare, sin dal primo minuto, il modo di presentarsi agli studenti in classe. Quello è, per certi versi, un momento decisivo per stabilire sin da subito il rapporto di forza tra gli allievi e il docente. Un rapporto che si costruirà poi, giorno dopo giorno, con rispetto e amore. Parlo qui di quell’amore che trasforma l’autorità in riconosciuta autorevolezza. Capisco che parlare oggi di disciplina, di autorità, di obbedienza sia che si operi nelle classi come docenti, che a casa come genitori si rischia di apparire fuori tempo. L’educazione ha perso di prestigio, la disciplina d’importanza, lasciando a noi adulti la gestione delle devastanti conseguenze. Eppure i ragazzi in più di un’occasione hanno dimostrato di aver bisogno di adulti in grado di guidarli, di adulti capaci di dimostrarsi modelli di vita, di adulti attenti a stabilire dei limiti oltre i quali si finisce nel grottesco. I bambini vogliono genitori il cui rapporto sia fondato sull’obbedienza e non sia paritario, un rapporto legittimato da una fermezza pervasa di amore. Sbagliano sia i genitori che gli insegnanti a mettersi sullo stesso piano dei bambini o dei ragazzi perché il dialogo tra pari svilisce l’equilibrio dei ruoli. Gli adolescenti si aspettano dai genitori comprensione e incoraggiamento, mentre i giovani sono alla ricerca di genitori e insegnanti dotati di un deciso ascendente. Se chi educa si aspetta stima e rispetto, chi viene educato si aspetta fermezza e modelli irreprensibili. Il confronto ha la sua importanza. Ma guai a lasciarsi egemonizzare dalle interminabili discussioni. Così facendo se a casa i ragazzi discuteranno in continuazione fino a puntare al grado di sfinimento del genitore stanco della giornata lavorativa, in classe discuteranno inesorabilmente del rinvio del compito in classe, dei voti ingiusti, dei troppi compiti a casa, delle mancate giustificazioni dei ritardi. Con i ragazzi occorre ben altro. Bisogna educarli a far buon uso della propria libertà.

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