Quella strana voglia di “cassare”

Il guaio di tanti nostri uomini politici di oggi è quello di affidare, una volta al potere, la loro voglia di cambiamento a una sorta di revisionismo legislativo, espressione di una sistematica insofferenza nei confronti di chi ha già legiferato. Un atteggiamento astioso che si traduce il più delle volte in strenue critiche ai contenuti di una norma con l’obiettivo, mica tanto nascosto, di azzerare il già fatto per ripartire da zero. Ecco un esempio. Recentemente ho trovato questo strano criterio di rappresentatività del potere, nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa da Nicola Morra deputato del Movimento 5 Stelle che, come ha avuto modo di sottolineare, in caso di vittoria del Movimento alle prossime elezioni politiche, la prima legge da «cassare», è proprio la legge 107/15 meglio conosciuta come legge sulla “Buona Scuola”. Dobbiamo forse

preoccuparci? Mah? Oramai noi uomini di scuola siamo più che abituati a questi interventi così roboanti che contribuiscono, di fatto, a fare della precarietà legislativa scolastica, il baluardo della chiarezza(?) amministrativa. E’ pur vero che l’opposizione fa il suo mestiere e come dice Plutarco «molti provvedimenti anche se utili se non incontrano opposizione, sono sospettati di essere frutto di cospirazione».

Ma è meglio non esagerare, però. Ancora una volta, infatti, è la scuola ad essere oggetto del desiderio su cui puntare per una agitata strategia governativa. Chissà perchè è sempre la scuola con il suo «Dominus», così come viene additato il preside (bontà loro), a ritrovarsi come un chiodo fisso nella mente di parlamentari pronti a fare i rivoluzionari con la voglia di «cassare» contratti, Pof triennali, comitati di valutazione, ecc. ecc. Facile a dirsi, difficile se non impossibile a farsi. Un conto è promettere, altro è governare. Un conto è parlare di «balle della 107 sulla meritocrazia dei docenti», altro è trovarsi di fronte a un esercito di precari che l’attuale governo con una saggia strategia occupazionale sta portando verso una definitiva sistemazione.

Il processo che il Ministro Stefania Giannini ha avviato grazie alla legge 107/15 è un’operazione di quelle che passerà alla storia. Si obietta che l’attenzione maggiore è riversata più sulla variabile occupazionale, che non su quella didattica, più sugli interventi a recupero strutturale che non sulle funzioni del personale docente, più sulla formazione a tutela della qualità di un servizio, che non sugli ordinamenti degli indirizzi di studio. Eppure in questo vasto processo riformatore dai precisi connotati occupazionali, ha trovato il giusto spazio anche l’attenzione data ai processi didattici innovativi con esperienze concrete distribuite qua e là nelle scuole di diverso ordine e grado da nord a sud. Mi vengono in mente alcuni progetti dai precisi contenuti didattici come «Book in progress» ovvero libri scolastici composti dagli stessi docenti con significativi risvolti anche di carattere sociale (costi bassissimi). O come «La scuola in ospedale» vista come una concreta e fattiva risposta della didattica in situazione, mediante percorsi di laboratori mobili che consentono alle scuole di affiancare famiglie e alunni temporaneamente presi da particolari situazioni di disagio dai risvolti decisamente emotivi. Di un certo interesse sono pure i «Coding generation» ovvero i corsi di robotica destinati agli alunni delle elementari dove la ricerca, la curiosità, si unisce all’azione del fare. Potrei continuare all’infinito tali e tante sono le risposte che la scuola riesce ad offrire pur di suscitare interesse nei ragazzi che amano sempre meno le lezioni cattedratiche e sempre più le lezioni di didattica alternativa. Sono solo alcuni degli esempi più in vista, anche se non possono sfuggire i tantissimi percorsi didattici impostati in funzione delle abilità digitali dei ragazzi, talvolta più abili degli insegnanti quando hanno tra le mani la tecnologia. E’ la risposta che solo la didattica laboratoriale, soprattutto digitale, riesce a dare come espressione viva e concretamente rispondente alla curiosità che accompagna particolari esperienze di studio.

E tutto questo non si crea dal nulla. E’ frutto di un lavoro entusiasmante che moltissimi insegnanti mettono in pratica con un sostenuto senso di responsabilità unitamente a un forte livello di professionalità. Senza dimenticare le tante risorse finanziarie che il Ministero mette a disposizione e che rende possibile questi percorsi. Tuttavia certi politici pensano di ingraziarsi il personale scolastico, cavalcando il malcontento che comunque mai mancherà di manifestarsi. Forse che «cassare» la 107/15 farà contenti tutti coloro che della stessa legge hanno potuto, nel frattempo, beneficiare gli effetti? Non credo proprio.

Credo, invece, che non vi è sport più gradito alle opposizioni che attaccare il Ministro di turno ritenuto latore sempre e comunque di infauste decisioni. Pensare di «cassare» una legge che sta già dando i suoi frutti è come voler far scendere incautamente i passeggeri da un autobus in movimento. Ci sono numerosi decreti attuativi all’orizzonte che come un puzzle tenderanno a incastrarsi l’un l’altro per portare a compimento un’opera che altri non hanno avuto la forza o il coraggio di impostare. Una cosa è certa. I recenti e i futuri provvedimenti di Viale Trastevere hanno un solo obiettivo: riportare nella normalità una situazione non normale. Perchè non è normale che degli insegnanti debbano attendere più di un decennio per vedersi riconosciuto un diritto sancito dal percorso di studi faticosamente portato a termine. E’ inutile girarci attorno. Un insegnante precario anche se ritrova annualmente la sua cattedra là dove l’aveva lasciata l’anno prima (ammesso che ciò accada), rimane pur sempre un’amara espressione di incertezza e di instabilità non in armonia con il proprio progetto di vita.

Il prossimo concorso, la cui emanazione e ormai in dirittura d’arrivo, con i suoi più di sessantamila posti, rappresenta un’operazione mastodontica mai messa in campo prima d’ora dal Ministero dell’Istruzione. Un’operazione che segue quella già conclusa nell’anno in corso con la stabilizzazione definitiva in organico potenziato di molti docenti su cui ciascuna scuola può contare. Può tutto questo essere «cassato»? Siamo sicuri che «cassare» una legge che comincia a dare i suoi frutti sia un corretto atto politico? «L’uomo per natura è un animale politico» ci ricorda Aristotele ovvero guarda alla collettività e non a come «cassare» l’avversario.

© RIPRODUZIONE RISERVATA