Quella crisi che bussa alle nostre porte

In questo momento di incertezza generale le Acli lodigiane, capillarmente presenti sul territorio lodigiano con i loro circoli e servizi, vogliono portare all’attenzione dei lodigiani alcuni flash che evidenziano una serie di criticità e problematiche legate a quel mondo del lavoro debole che la crisi globale ha ulteriormente e drammaticamente aggravato. Chiarisco subito che questi rilievi non hanno basi scientifiche ma derivano, essenzialmente, dal vissuto quotidiano dei nostri operatori in costante colloquio e ascolto con le circa 20.000 persone che annualmente si rapportano con il nostro sistema.

Paradossalmente in questo momento in cui parecchi lavoratori vengono privati dell’occupazione, riscontriamo che taluni, con la complicità di aziende o imprenditori compiacenti, continuano nella doppia occupazione, con contratti di consulenza o lavoro in nero a scapito delle giovani generazioni e delle possibilità di rientro di quei lavoratori precocemente espulsi dalla realtà produttiva.

Il mondo femminile rimane ancora un anello debole della catena lavorativa e spesso la maternità è ancora un ostacolo alla piena realizzazione della donna nel mondo del lavoro.

I diversamente abili sono spesso impiegati in lavori che ledono la loro dignità aumentando il senso di frustrazione e di disagio che a volte consegue alla disabilità.

I lavoratori stranieri quando regolarmente assunti spesso vengono utilizzati come calmiere per le pretese salariali e normative di altri lavoratori.

La flessibilità, che avrebbe dovuto creare maggiori opportunità di lavoro e sicurezza sociale, è stata snaturata e colpevolmente trasformata in precarietà.

La globalizzazione che, mal gestita e opportunamente manipolata, ha causato l’esternalizzazione di numerosi cicli produttivi con la nascita incontrollata e mal regolamentata di cooperative che vengono a loro volta espulse dal mondo del lavoro alla prima difficoltà imprenditoriale con conseguente perdita del posto del socio lavoratore, che proprio in quanto socio non ha nessun tipo di tutela sociale.

E parlando di tutela sociale non possiamo non rilevare che oggi l’impalcato degli ammortizzatori sociali riesce a malapena a sostenere solo quei lavoratori già inseriti nel mondo del lavoro e con contratti a tempo indeterminato.

Infine, ma non ultimo in ordine di importanza rileviamo la mancanza di un sostegno concreto alla famiglia, sostegno che si esplicita dando il dovuto rilievo ed importanza al lavoro domestico riconoscendo il coniuge che decide per tale scelta.

Abbiamo ritenuto di condividere con i lettori de “Il Cittadino” queste constatazioni nell’auspicio di un impegno comune per la ricerca di un cammino di speranza per il lavoro debole ma soprattutto occupazione e dignità al lavoratore in quanto uomo.

Ripensando le parole di Benedetto XVI nella Caritas in Veritate “… il primo capitale da salvaguardare e difendere è l’uomo…” come Acli vogliamo condividere la convinzione che ormai è diventato urgente rivedere la politica dei consumi, orientandoli verso una nuova eticità. È altresì indispensabile mettere in campo modelli di vita e di comportamento più sobri, capaci di fermare la folle corsa che ci sta spingendo a possedere sempre qualcosa in più.

È opportuno privilegiare e diffondere, con visione meno pessimistica per il futuro, le testimonianze e le esperienze di aziende esemplari dove emerga un nuovo modo di lavorare, rispettoso della persona, e una nuova economia che si fa carico del bene comune e non orientata al profitto esasperato ed egoistico.

In particolare come Acli Lodigiane, attente al territorio, vogliamo impegnarci per stimolare le istituzioni affinché mettano in campo una seria politica, che individui programmi a sostegno di nuovi indirizzi produttivi e occupazionali con un’attenzione particolare per le attività artigianali, le piccole imprese e l’agricoltura che da sempre sono la spina dorsale e lavoro buono del nostro territorio.

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