Quel Natale sempre possibile, che è il Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo

L’augurio del vescovo di Lodi, monsignor Maurizio Malvestiti

Il mio augurio è affidato quest’anno all’immagine mariana, piena di colore e calore spirituale, collocata nella cappellina della Casa Vescovile e qui riprodotta. È singolare, benché tanto umile. Raffigura la Vergine Madre nell’atto di uscire. La solenne cornice non può trattenerla. Vuole regalarci quel Natale sempre possibile, che è il Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo. Ci presenta proprio Lui, che non è mani vuote. Reca con sé il mondo, forse perché desidera esserne il cuore. Ogni Natale torna puntualmente a “rincuorarci” assicurandoci che i “profeti di sventura” saranno clamorosamente smentiti dalla novità, di cui ogni tempo è portatore, per la grazia dell’Incarnazione di Dio. Da vincere è perciò ogni chiusura. La sicurezza che essa promette è solo illusoria, mentre è sempre possibile ripartire, fiduciosi in noi stessi, negli altri, e – parola di vescovo sul vangelo dell’Annunciazione – soprattutto nel Creatore e Padre, che non abbandona i figli. È certezza natalizia. In mezzo alle contraddizioni più cocenti della vita e della storia. Nel grembo di Dio, ogni dolore e il nostro finire svaniscono nella comunione che tutti ci attende finalmente a gioire per sempre. “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37).

Il Natale 2017 è accompagnato da un evento singolare. Cento anni orsono, il 22 dicembre, si concludeva a Chicago l’esistenza terrena della santangiolina Francesca Cabrini. Una missionaria che sarebbe divenuta santa e patrona dei migranti. Credeva alla novità, di cui è capace la gente in ogni epoca, se non si arrende alle contrarietà e ai pesi dell’esistenza. La sua era una convinzione evangelica. E forse in questo suo e nostro Natale il regalo è proprio l’annuncio che il nuovo è ancora possibile. A dirlo sono i bimbi e i giovani che nella visita pastorale incontro ovunque. Ci parlano di orizzonti senza confini le giovani generazioni. Nelle scuole, fianco a fianco, preparano il domani coi nostri scolari e studenti in numero crescente i loro coetanei provenienti dall’Asia profonda, dall’Africa, o dal Sud America, e numerosi dall’Est Europa. La terra lodigiana è trascinata nel mondo e interpellata dal nuovo, che avanza e non va mai temuto, bensì considerato per quello che realmente è: una risorsa da coltivare senza ritardi.

Un mese fa, il 7 di novembre, abbiamo ricordato un altro santo, Vincenzo Grossi, che pure si spense cento anni fa. Era lodigiano di adozione spirituale questo parroco, al quale la gente non dava “mai” fastidio. E dire “mai” è alludere alle difficoltà fino all’indigenza, che avvicinava dando risposte di solidarietà sorprendenti per efficacia e intelligenza preveggente. Per ambedue l’educazione fu decisiva. Lo fu per capire prima di tutto il nuovo e poi assecondarlo con quella fiducia, che attingevano dalla fede nel primo Natale, quando l’umanità ebbe la certezza della visita perenne del Dio “vicino”.

L’ultimo giorno terreno per Francesca e Vincenzo divenne il primo dell’eterno Natale. Il vangelo continua ad annunciarlo e in esso ci immerge la liturgia della Chiesa. Il nostro ricordo continuerà per tutto questo anno pastorale affinché veglino sui nostri passi e nessuno si permetta di spegnere – specie nei giovani – lo Spirito che li rese difensori tanto audaci di uomini e donne calpestati dalla storia. Sanguinava la loro stessa dignità in quella che a molti veniva misconosciuta. Ci insegnano a batterci, strenuamente, facendo della dignità e della pace di tutti un inderogabile obbligo da perseguire decisamente.

Può essere la promessa natalizia che ci scambiamo con gli auguri. Il vescovo li porge a tutti, cominciando da chi fosse tentato di fermarsi per l’insopportabile peso dell’esistenza e delle sue solitudini. E li accompagna col ricordo nella Messa della Notte e del Giorno di Natale, e nel pellegrinaggio in Terra Santa, con oltre cento lodigiani. Sia appagante per tutti la speranza che Nazareth, Betlemme e Gerusalemme evocano anche solo a nominarle.

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